Libia, Gheddafi: “Attacchi in Europa se la Nato non si ferma”

ROMA –  Sempre più accerchiato attorno a Tripoli, Muammar Gheddafi è tornato oggi, 1° luglio, a parlare, seppure per telefono, alle folle per la prima volta dopo il mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi), minacciando di attaccare l’Europa se la Nato non fermerà i raid, che, dice, porteranno l’Alleanza alla ”catastrofe”.

E lo fa nel giorno in cui riesce a vincere una battaglia, respingendo più a sud a colpi di razzi gli insorti che si trovavano ormai a soli 80 chilometri dalla capitale.

”Vi avvertiamo, ritiratevi prima di dover fronteggiare una catastrofe. Lasciate a terra i vostri aerei e avviate discussioni con il popolo libico”, ha tuonato Gheddafi, il cui discorso è stato diffuso nel pomeriggio attraverso una linea telefonica amplificata dagli altoparlanti di una Piazza Verde tripolina gremita.

Il colonnello ha minacciato di rispondere ai raid nello stesso modo: ”Se lo decidiamo, possiamo portare lo scontro anche in Europa”, ha detto nel suo discorso, invitando i suoi partigiani a catturare le armi che la Francia ha ammesso di aver paracadutato agli insorti.

Al rais ha fatto eco il figlio Seif al-Islam che, in nuova versione con barba e abbigliamento da fondamentalista islamico, ad un canale tv russo ha detto che ”la Libia, per chi ci attacca, è come un fast food”: ”tutti vogliono dividersi la torta”, cioè le sue risorse, e farlo ”in fretta”.

Gheddafi oggi, evidentemente alla disperazione, ha anche sfoderato la sua ultima ‘arma’, ovvero la magia nera, chiamando a raccolta gli sciamani e le streghe di Mali, Mauritania, Gambia, Marocco e Nigeria nella speranza di fermare la pur lenta avanzata dei ribelli.

Il rais ha invitato i più famosi sciamani per aiutarlo a sconfiggere i ribelli, ha riferito il colonnello pilota Saleh Al Ubaidi, recentemente passato alle file dei ribelli, citato dal quotidiano Assharq Al Awsat. Gli sciamani, ha spiegato, mandano i loro ”sacerdoti” nei campi di battaglia con i loro talismani magici, ”con la speranza di conservare la lealtà dei soldati”.

”Dopo la rivoluzione del 17 febbraio, gli sciamani rappresentano per il colonnello Gheddafi un apparato parallelo di intelligence”, ha detto ancora Saleh Al Ubaidi, dicendo che il rais aveva chiesto aiuto a un sciamano della Gambia. Quest’ultimo ha recitato il testo di un talismano sul mantello di Gheddafi per proteggerlo dagli attacchi della Nato e dei ribelli. Gheddafi, ha aggiunto Al Ubaidi, porta quel mantello sempre, anche quando fa molto caldo. E porta sempre al dito un anello d’argento fatto con il cervello e le ossa di una iena, che ha molti poteri, secondo gli sciamani.

Sul campo, che la magia c’entri o meno, i ribelli, che erano riusciti a stabilirsi a Bir al-Ghanam, a soli 80 chilometri a sud di Tripoli, la punta più avanzata della morsa che si avvicina alla roccaforte del colonnello, sono stati costretti oggi ad arretrare da una salva di razzi Grad e si sono attestati 30 chilometri più a sud, nel villaggio di Bir-Ayyad, ai piedi delle montagne. Una ritirata che aumenta la frustrazione fra insorti e Nato per la tenace resistenza di Gheddafi, nonostante 15 settimane di raid, e per la lentezza dei progressi sul campo, che pure ci sono stati nelle ultime settimane.

Se oggi è trapelato che l’isola tunisina di Djerba è stata teatro negli ultimi giorni di trattative indirette e segrete tra gli inviati di Gheddafi e diplomatici di Nato, Francia e Gran Bretagna, i capi di stato e governo dell’Unione africana (Ua), riuniti a porte chiuse per il secondo giorno in un vertice sulla Libia a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, hanno posto i loro paletti.

”Gheddafi non deve partecipare al processo negoziale”, scrivono nel documento finale i leader dell’Ua, che a fatica hanno trovato un consenso fra loro su un ”accordo quadro” per una soluzione politica al conflitto libico. ”Se vediamo che si ritira, siamo pronti a fermarci e a negoziare con i nostri fratelli che sono attorno a Gheddafi”, ha commentato da parte sua il rappresentante del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) al vertice di Manabo, Sayd Al-Nasr.

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Maria Elena Perrero