TRIPOLI, 28 AGO – Gheddafi fa sapere di essere in Libia e di essere disposto a negoziare, ma il Cnt, che ormai si sente vicino alla vittoria finale, chiude a qualsiasi trattativa e gli intima di arrendersi.
I ribelli avanzano da est verso la sua ultima roccaforte, Sirte, e prendono Ben Jawad, mentre sono in corso trattative con le tribù per una resa pacifica della città.
A Tripoli, a pochi metri dalla caserma della famigerata 32/a brigata di Khamis Gheddafi, sono stati scoperti almeno 170 cadaveri carbonizzati, probabilmente prigionieri uccisi e bruciati dai lealisti in fuga.
Il portavoce del regime, Mussa Ibrahim, ha telefonato alla sede dell’agenzia Associated Press (Ap) a New York, affermando che Gheddafi si trova in territorio libico e che è intenzionato a discutere con i ribelli la formazione di un governo di transizione. Secondo Mussa, il colonnello ha nominato il figlio Saadi (ex calciatore in Italia) ”capo negoziatore”.
Il portavoce ha detto di aver visto l’ultima volta Gheddafi venerdì scorso (26 agosto). ”Nessun negoziato è in corso con Gheddafi – ha risposto il responsabile di Finanze e Petrolio del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Ali Tarhouni -. Se vuole arrendersi, allora negozieremo e lo cattureremo”.
Gli insorti hanno detto di aver preso stamani Ben Jawad, 100 km a est di Sirte, città natale di Gheddafi e sua ultima roccaforte. Trattative sono in corso da giorni con le tribu’ locali per una resa pacifica della città. Altrimenti, secondo un comandante degli insorti, serviranno ancora una decina di giorni per conquistarla.
Tripoli stamani è calma, anche se nella notte si sono sentite esplosioni e raffiche di mitra. I ribelli temono soprattutto gli ultimi cecchini. Ieri una colonna di 60-80 mezzi dei lealisti è stata vista fuggire verso Bani Walid, un centinaio di km a sud-est della capitale.
A pochi metri dalla caserma della famigerata 32/a brigata di Khamis Gheddafi, rasa al suolo dai bombardamenti della Nato, gli insorti hanno trovato in un edificio i cadaveri carbonizzati di 170 persone, uccise e bruciate. Si ritiene che siano prigionieri della Brigata, uccisi dai militari in fuga dell’unità di elite del regime.