ROMA – In Russia salta l’accordo, in Libia si continuerà a combattere. Il generale della Cirenaica Kalifa Haftar aveva chiesto un periodo di riflessione fino a questa mattina (14 gennaio) prima di firmare l’accordo formale di cessate il fuoco accettato dal suo rivale, Fayez al-Sarraj, ma alla fine ha lasciato Mosca senza firmare il documento negoziato sotto l’egida di Ankara e Mosca.
Le parti sembrano tuttavia rispettare sin da domenica il cessate il fuoco deciso l’8 gennaio dai presidenti Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, mostrando la loro rispettiva influenza, mentre l’Occidente sembra impotente a influenzare il caos libico. La Turchia appoggia Serraj e dispiega soldati per farlo, mentre la Russia, nonostante lo smentisca, sembra sostenere Haftar con armi, denaro e mercenari. La partenza di Haftar da Mosca senza aver firmato un accordo solleva interrogativi sulla fattibilità di una conferenza internazionale sulla Libia sponsorizzata dall’Onu a Berlino, prevista per gennaio. La cancelliera Angela Merkel è andata a Mosca sabato, guadagnandosi il sostegno di Vladimir Putin.
Tra l’arrivo della Turchia sul suolo libico, la sospetta presenza di mercenari russi e l’esistenza di una moltitudine di gruppi armati – tra cui milizie jihadiste, trafficanti d’armi e contrabbandieri di migranti – la comunità internazionale teme un’escalation del conflitto libico. In particolare, l’Europa teme che la Libia possa diventare una “seconda Siria” e vuole ridurre la pressione migratoria alle sue frontiere, poiché negli ultimi anni ha accolto centinaia di migliaia di migranti in fuga dai conflitti nel mondo arabo-musulmano.
Per la Russia, l’Occidente è in gran parte responsabile del conflitto in Libia, il Paese con le maggiori riserve di petrolio dell’Africa, in quanto ha sostenuto militarmente i ribelli che hanno rovesciato e ucciso il colonnello Muammar Gheddafi nel 2011. Oltre ai guadagni geopolitici sui suoi rivali e all’accesso privilegiato al petrolio libico, la Russia spera di riconquistare questo mercato per le sue armi e il suo grano. Tanto più che Vladimir Putin ha l’ambizione di affermarsi in Africa. Anche la Turchia ha ambizioni petrolifere, grazie ad un controverso accordo con il governo libico di accordo nazionale che estende la piattaforma continentale turca e le permette di rivendicare lo sfruttamento di alcuni giacimenti. (Fonti Agi).