Libia, i leader religiosi contro Gheddafi: “Ribellatevi, è un dovere divino”

Al Baida

ROMA – Segnali crescenti di pressioni integraliste emergono nella furiosa ribellione scoppiata contro il regime di Muammar Gheddafi in Libia, dove una coalizione di leader islamici ha oggi emesso una fatwa (parere religioso) per proclamare che ribellarsi contro l’attuale leadership è dovere divino di ciascuno.

I governanti libici ”hanno dimostrato una totale, arrogante, impunità e hanno continuato, e anche intensificato, i loro crimini sanguinosi contro l’umanità” – afferma la rete dei liberi ulemà di Libia – Hanno così dimostrato una totale indefeltà alla guida di Dio e del suo amato Profeta”. Questo agire – hanno detto – li rende immeritevoli di qualsiasi obbedienza o sostegno e fa della ribellione contro di loro, con tutti i mezzi possibili, un dovere divino”.

Dal Cairo, dove è rientrato dopo un decennale esilio nel Qatar, il celebre predicatore Yusuf el Qaradawi, ritenuto uno degli ideologi dei Fratelli Musulmani, ha tuonato: ”Il dittatore Muammar Gheddafi è finito e non esiste più”. ”Quello che è successo a Ben Ali e Mubarak succedera’ anche a Gheddafi – ha proclamato Qaradawi – Lo invito a lasciare, come ha fatto Mubarak, anzi deve essere processato dal suo popolo”.

Ben più pesanti le scritte comparse sui muri di Bengasi: ‘Gheddafi miscredente, vattene in Israele’, mentre in una serie di foto su Al Jazira i dimostranti mostrano una falsa carta d’identità di Gheddafi con scritto: ”Madre: ebrea’; ‘padre: sconosciuto”. Le autorità libiche, che negli ultimi mesi hanno rilasciato diversi detenuti di formazioni integraliste, hanno più volte denunciato il rischio dell’estremismo islamico: nel discorso la scorsa notte alla tv di Stato il figlio del colonnello, Seif el Islam, ha evocato una frantumazione della Libia in diversi emirati islamici. E un altro esponente libico aveva parlato ieri di una banda di ”estremisti”, che si fanno chiamare ”emirato islamico di Barka”, affermando che tengono in ostaggio cittadini e poliziotti ad Al Baida, fulcro della ribellione insieme a Bengasi, capoluogo della Cirenaica.

Grande circa la metà della Libia e con uno dei più grandi giacimenti petroliferi – quello di Sarir – nel suo deserto meridionale, la Cirenaica è stata il centro del potere dei Senussi, l’ordine religioso-politico che vi si stabilì nella prima metà dell’Ottocento, fondando il suo principale centro proprio vicino ad Al Baida.

La città divenne poi la capitale politica della monarchia, rovesciata da Gheddafi nel 1969. I Senussi combatterono i colonialisti italiani e a loro legato fu Omar el Mukhtar, eroe della resistenza contro l’Italia fascista. La Cirenaica è stata poi negli anni ’90 focolaio di rivolta integralista contro Gheddafi: l’insurrezione fu repressa nel sangue, con morti e migliaia di arresti.

Nel 1996 una rivolta nel carcere di Abu Salim a Tripoli, dove erano detenuti centinaia di prigionieri originari della zona di Bengasi, finì con oltre mille detenuti uccisi dalle guardie. E proprio il breve arresto di un avvocato che rappresenta famiglie di prigionieri uccisi ha innescato l’attuale ribellione.

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Emiliano Condò