NEW YORK, STATI UNITI – Il New York Times pubblica sabato nell’apertura della prima pagina un’analisi della situazione in cui si trova l’Italia di fronte agli sconvolgimenti in atto in Libia.
Mentre il colonnello Muammar Gheddafi resta aggrappatoal potere, scrive il Nyt, nessun Paese ha tanto da perdere in Libia come l’Italia, che si trova in una fase diplomatica la più complicata da decenni, stretta tra i suoi impegni con la Nato e la tutela dei diritti umani, e i frenetici tentativi di tutelare i suoi investimenti in un Paese nuovamente diventato un paria.
L’Italia è la principale esportatrice di armamenti in Libia, la sua politicamente influente azienda petrolifera Eni ha investimenti in Libia per miliardi di dollari ed è il suo principale partner commerciale. ”Perdere tutto questo costituirebbe un enorme danno economico”, ha dichiarato al Nyt Andrea Nativi, direttore di Rivista Italiana Difesa.
Questi rapporti economici spiegano perchè il premier Silvio Berlusconi ha temporeggiato svariati giorni prima di denunciare la repressione in Libia.
Significativa è stata la sospensione da parte dell’Italia del suo ”Trattato di Amicizia” con la Libia firmato nel 2008. ”L’Italia è attonita perchè pensava che il trattato la potesse tutelare, ma ora allo stato delle cose con chi può parlare?”, scrive l’editorialista Sergio Romano citato dal Nyt. ”L’italia – aggiunge – non può rinnegare del tutto Gheddafi, ma non può neanche sostenerlo perchè è diventato impresentabile”.
Gli analisti, rileva il Nyt, interpretano la sospensione del trattato come un segnale che l’Italia renderebbe disponibili le sue basi nell’eventualità di un intervento militare estero in Libia. In passato Berlusconi si è sempre vantato della sua amicizia con Gheddafi, che però non sembra aver influito molto sulle iniziative del rais.
Il Nyt cita ancora Romano, secondo il quale con Gheddafi che non dà segni di volersene andare, non è chiaro chi all’occorrenza andrebbe al potere dopo di lui. Quindi gli italiani, prosegue Romano, ”non sapendo con chi avere a che fare, misurano le parole e aspettano. Cos’altro potrebbero fare?”.