Se la Libia “liberata” finisce in mano agli islamisti

Muammar Gheddafi (Lapresse)

TRIPOLI – Se la cacciata del rais Muammar Gheddafi è stata incoraggiata dai “volenterosi” della Nato (Francia e Inghilterra in testa), con interessi precisi anche a livello economico, è vero anche i primi a volerla sono stati i ribelli.

Ribelli sono anche gli ex fedelissimi del colonnello, ribelli sono gli stessi musulmani che hanno abbracciato il socialismo arabo e il libro verde di Gheddafi, ribelli sono quelli che hanno detto basta alle violenze del regime e che vogliono spartirsi territori e risorse senza dover passare dall’imbuto gheddafiano, ribelli sono anche quelli che da paesi islamici come il Qatar prendono le armi.

Per tanti analisti dunque la paura è che i musulmani senza guida adesso possano in realtà essere risucchiati dal magnete islamista e che quindi la primavera araba e quella che in tanti hanno chiamato forse con toni eccessivamente trionfalisti “Libia liberata” possa richiudersi in se stessa ancora una volta.

Proviamo a partire da lontano nel ragionamento: i musulmani sono tanti, sono organizzati e probabilmente contano molto di più di quanto in realtà sia il loro attuale peso politico. La cosiddetta “primavera araba” è stata portata nelle piazze dalla gente: quella gente, la maggior parte di quei ragazzi, di quegli uomini e di quelle donne, è di religione musulmana.

Nessuna bandiera e nessun partito, però, ha offuscato né trainato la rivola: non c’erano i Fratelli musulmani in testa né altri gruppi, ma è stata fatta per volontà dei popoli che oltre che essere tunisini, egiziani, siriani, libici sono musulmani di nascita, figli di un papà di religione islamica.

Cosa cambia? Cambia che in alcune realtà, come quella libica, l’elemento identitario è molto forte e lo è è sia a livello verticale che a livello orizzontale: sia per religione o tribù che per ricchezza e povertà.

Gli scontri adesso infatti da Tripoli a Brega sono tra i ribelli (musulmani più “laici” e islamisti) e dentro quell’entità fumosa, come il suo nome, del Consiglio nazionale di transizione libico. Fra i più bersagliati c’è il premier ad interim, Mahmud Jibril. Lo sceicco Ali Sallabi, uno dei leader islamici libici, ha accusato il numero due del Cnt di “cercare di dare ai suoi i mezzi per gettare le basi di uno Stato totalitario”.

Contattatoin Qatar dalla France Presse, Sallabi ha accusato Jibril di voler “rubare la rivoluzione”. Il premier aveva invitato qualche giorno fa le forze anti-Gheddafi a “stare unite e evitare di dividersi in giochi politici” dopo che nei giorni precedenti un capo militare integralista di Bengasi, Ismail al-Salabi aveva invitato il governo a dimettersi perchè composto da “esponenti del vecchio regime”.

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luiss_smorgana