Libia, il New York Times: “L’Italia rischia di pagare un grosso dazio economico”

WASHINGTON – ”Dalle sommosse in Libia l’Italia rischia di pagare un dazio economico”. Così titola un lungo articolo sull’edizione online del New York Times, che sottolinea come gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno annunciato di muoversi per congelare gli asset del Governo libico.

”Ma l’Italia si è trattenuta dal congelare qualsiasi attività. I funzionari dicono che stanno aspettando per una risposta ‘coordinata’ dall’Unione Europea su quali misure adottare sui fondi sovrani libici, una decisione che l’Italia dice di sperare che arrivi già nella prossima settimana”.

Secondo il Nyt, che ripercorre tutte le partecipazioni azionarie della Libia in Italia e delinea l’attività di Eni nel Paese, ”nessun Paese rischia più dell’Italia” dalla situazione libica, visto ”che si trova nella più complicata situazione diplomatica degli ultimi decenni”.

Il giornale sottolinea come l’Italia ”ottiene quasi un quarto del suo petrolio e il 10% del gas naturale dalla Libia, ha contratti per miliardi di dollari col governo libico e riceve ulteriori miliardi in investimenti libici”.

”Con la Libia nel caos e il Colonnello Gheddafi in pericolo di perdere il potere – scrive il Nyt – nessun paese ha più posta in gioco dell’Italia, che si trova nella piuù complicata posizione diplomatica in decenni, spinta da un lato dagli impegni con la Nato e la difesa dei diritti umani e dall’altro dal tentativo di proteggere i suoi investimenti in un paese diventato un paria internazionale”.

”Tutto questo può aiutare a spiegare perche’ il premier Silvio Berlusconi sia stato così lento nel condannare la sanguinosa repressione del colonnello Gheddafi. Ma pochi giorni fa l’Italia ha detto di non considerare più Gheddafi in controllo della Libia” osserva il giornale definendo ”ancora più significativo l’annuncio della sospensione del Trattato di Amicizia del 2008 con la Libia”: analisti interpretano la sospensione del trattato come un segnale che l’Italia renderebbe le sue basi disponibili nel caso di un intervento militare contro la Libia”.

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Maria Elena Perrero