Libia, Seif Gheddafi: “C’è un complotto contro il Paese”. Voci di fuga del colonnello: forse è in Venezuela

Muhammar Gheddafi

ROMA – La Libia è vittima di un complotto esterno, corre il rischio di una guerra civile, di essere divisa in diversi emirati islamici, di perdere il petrolio che assicura unità e benessere al Paese, di tornare preda del colonialismo occidentale. Così si è espresso in nottata Seif al-Islam Gheddafi, mentre circolavano voci incontrollate di una possibile fuga del padre e rais, Muammar Gheddafi.

In un discorso alla tv alla nazione, fatto mentre i disordini arrivavano a Tripoli, il figlio del colonnelloi ha promesso al Paese riforme, una nuova costituzione, e posto due opzioni: ”Siamo a un bivio: o usiamo i nostri cervelli, stiamo uniti e facciamo le riforme insieme, altrimenti dimentichiamoci delle riforme e per decenni avremmo la guerra in casa”. E ha assicurato che il padre-rais ”dirige la battaglia a Tripoli” e che ”vinceremo” contro il nemico e ”non cederemo un pollice del territorio libico”.

Del colonnello non si hanno più notizia, e mentre si parla di un bilancio di 300 morti, 50 solo nel pomeriggio di domenica a Bengasi, e testimoni affermano di udire folle in fermento e spari a Tripoli, alcuni capi tribali abbandonano il regime, invitano Gheddafi a ”lasciare il Paese” e anche il rappresentante libico alla Lega Araba annuncia che lascia l’incarico per ”unirsi alla rivoluzione”.

In questo contesto Seif al-Islam, voce ”riformista” e “illuminata” del regime, ha detto, parlando apparentemente a braccio e in dialetto libico direttamente al suo popolo, che la Libia ”non è la Tunisia e non è l’Egitto”. Ha parlato di ”giusta rabbia della gente” a Bengasi e in altre città per le persone che sono rimaste uccise, ha ammesso che ”sono stati commessi degli errori”, con l’esercito che ”non era preparato” a una simile situazione e si è fatto cogliere dalla tensione. Anche se, ha detto, i media hanno ”esagerato” il numero di morti.

Molti, ha detto Seif al-Islam, si sono lasciati ”entusiasmare” dagli eventi egiziani e tunisini, ”altri erano drogati”, ha detto. Ma la direzione della rivolta, ha detto a chiare lettere, viene da fuori: ”C’è un complotto contro la Libia”, diretto da gente, anche ”fratelli arabi”, che ”vi usano”, ”standosene comodamente seduti a Londra o a Manchester”, fra gli agi, a ”sorseggiare caffe”’ e guardando ”il Paese che brucia”. ”Milioni di sterline sono state investite” in questo complotto, che però è mosso da poche centinaia di elementi, ”che non esprimono il popolo libico”.

Il secondogenito di Gheddafi ha detto che sono state attaccate caserme, aperte prigioni, rubate armi pesanti, che dei ”civili” guidano perfino ”carri armati”. Se tutti i libici si armassero ne nascerebbe una ”guerra civile” che durerebbe 40 anni. Non ci sarebbero 84 morti ma ”migliaia”; il Paese verrebbe diviso in ”staterelli” ed ”emirati islamici”, sarebbe un ”bagno di sangue”, ci vorrebbero visti da uno staterello all’altro, ”come in Corea”. E i libici, ha evocato Seif al-Islam, perderebbero il petrolio, che è ”ciò che li tiene insieme”, ne fa un Paese, e con esso le scuole, gli ospedali, il benessere.

”Se ci separiamo – ha dichiarato – chi farà la riforma? Chi spenderà per i nostri figli, per la loro salute, la loro istruzione?”. Inoltre, ha domandato, ”pensate che il mondo occidentale, permetterebbero di perdere il nostro petrolio, permetterebbero un’emigrazione incontrollata”, la formazione di emirati terroristi? Europa e Stati Uniti ”tornerebbero a occuparci, a imporre il colonialismo”.

Quindi la proposta di convocare, entro poche ore, una Assemblea generale del popolo per costruire una ”nuova costituzione”, fare le riforme per creare insieme ”la Libia che sognate”. E una minaccia: ”L’esercito – ha detto – ora ha il compito di riportare l’ordine con ogni mezzo” e ”non è l’esercito egiziano o tunisino” ”Distruggeremo la sedizione e non cederemo un pollice del territorio libico”. I libici, ha concluso hanno combattuto e vinto contro gli italiani” e ”sono capaci di farlo”.

Voci di fuga del colonnello. Intanto un diplomatico libico a Pechino, Hussein Saduq al Musrati, ha annunciato in un’ intervista alla rete tv Al Jazira che il leader Muammar Gheddafi ”potrebbe aver già lasciato il Paese”, e secondo altre voci potrebbe essere andato in Venezuela. L’ambasciata della Libia a Pechino non ha confermato né smentito la notizia.

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Published by
Maria Elena Perrero