La Libia accusa il comitato Onu per i rifugiati di sfruttamento sessuale

Il leader libico Gheddafi

La Libia accusa lo staff dell’ufficio di Tripoli dell’Alto commissariato Onu delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), chiuso all’inizio di giugno, ”di aver partecipato ad attivita’ di sfruttamento sessuale delle donne”. E’ quanto si legge in un comunicato del ministero degli Esteri libico, pubblicato dall’agenzia di stampa Jana, in cui si spiegano le motivazioni della chiusura della sede dell’agenzia Onu.

L’ufficio Unhcr di Tripoli ”era da considerare illegittimo – ribadisce la nota – perche’ la Libia non ha firmato la Convenzione del 1951 sui rifugiati e non ha siglato alcun accordo di sede con l’Unhcr”. Per lo stesso motivo, l’Unhcr non avrebbe potuto riconoscere lo status di rifugiato in Libia a nessuno, come invece ha fatto. Inoltre, spiega ancora la nota, la presenza di un rappresentante (e non di un ufficio) dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati era stata autorizzata nel 1991 ”solo per un aiuto alla gestione di gruppi di somali e eritrei, a condizione che lavorasse sotto gli auspici del capo dell’Undp”, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, gia’ presente sul territorio.

Secondo le autorita’ libiche, infine, i responsabili dell’Unhcr a Tripoli ”hanno commesso dei reati che toccano la sovranita’ di una nazione, come l’affitto di una palazzina, il suo utilizzo come sede autonoma dell’Unhcr senza previa autorizzazione, e l’affissione di una targa con il simbolo dell’Unhcr”.

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