Marocco, plebiscito sulle riforma costituzionale

RABAT – E' stato un plebiscito per re Mohammed VI. Secondo i dati diffusi in nottata dal Ministero degli Interni marocchino, il 76,6% dei 13 milioni di elettori si è recato ieri alle urne e il 98,4% dei votanti ha risposto ''sì'' al referendum sulla proposta di riforma costituzionale presentata dal sovrano, che prevede la fine della monarchia assoluta marocchina e trasferisce una buona parte dei poteri al parlamento, al governo e ad un sistema giudiziario indipendente.

Dalla consultazione di ieri escono invece sconfitti gli islamisti radicali del movimento (non legale) di Al Adl wa Al Ihssane e anche il Movimento dei giovani del '20 febbraio' che avevano invitato al boicottaggio.

Nelle ultime settimane le due anime della protesta, quella religiosa che vagheggia un califfato musulmano e quella laica che si ispira alla 'Primavera araba' e chiede una democrazia senza tappe intermedie, si erano sovrapposte e confuse, spaventando molti sostenitori delle rivendicazioni giovanili.

Per domani pomeriggio, il 'Movimento 20 febbraio' ha indetto tuttavia nuove manifestazioni di protesta in tutto il Marocco.

''E' stato un referendum illegale e segnato da palesi violazioni dei principi democratici. Le autorità hanno approfittato delle condizioni sociali e della povertà della gente per costringerla ad andare a votare'', ha denunciato oggi ad alcuni giornalisti stranieri Najib Chaouki, un rappresentante del Movimento giovanile che raccoglie oltre 93 sigle diverse, ciascuna con propri programmi.

La vera battaglia del referendum non è stata tra il ''sì'' e il ''no'' , ma tra partecipazione e astensionismo. Una scarsa affluenza alle urne avrebbe indebolito la proposta del re e offuscato la sua immagine. Al di là del 98,4% 'bulgaro' di consensi alla riforma, è la percentuale dei votanti, oltre il 76%, a rappresentare la vittoria per la Corona: nelle elezioni del 2007 solo il 37% dell'elettorato si era presentato ai seggi. Mohammed VI, a differenza del suo temuto padre Hassan II, è un sovrano che ha dimostrato grande apertura sin da quando, nel 1999, è salito al trono.

Sua la riforma della famiglia che ha introdotto, per la prima volta in un Paese arabo, un'effettiva parità di diritti tra uomo e donna. Negli ultimi mesi, a differenza degli altri oligarchi della regione, il re del Marocco ha fiutato subito gli umori della sua gente e, con la proposta costituzionale, ha voluto dare un'immediata risposta al vento della protesta, prima che la brezza marocchina si trasformasse nelle tempeste delle vicine nazioni mediterranee e mediorientali.

Con la nuova costituzione, il re rinuncia a gran parte dei suoi poteri (anche alla sacralità che gli deriva dal fatto di essere un discendente di Maometto) , ma mantiene il controllo dell'esercito, della religione e una supervisione generale sulla Nazione. Non è più la monarchia della 'Hiba', parola araba che significa terrore e rispetto, ma nemmeno il modello britannico o spagnolo.

La scommessa per Mohammed VI è quella ora di rendere effettive le novità della costituzione e continuare ad avanzare verso una democrazia più compiuta. Il prossimo appuntamento sono le elezioni legislative, da tenersi entro tre mesi per formare il nuovo parlamento e il nuovo governo che avranno, per la prima volta nella storia ultracentenaria della dinastia di Rabat, veri poteri legislativi e esecutivi.

Quanto alle manifestazioni gia' annunciate per domani, nessuno sembra preoccuparsene piu' di tanto. ''E' la democrazia'', commenta Lahcen Haddad, uno dei più noti analisti politici del Paese.

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Maria Elena Perrero