Nobel, il giorno di Obama: le sue guerre e una pace elusiva mentre cala la popolarità

Secondo fonti della Casa Bianca, il presidente Barack Obama si è ispirato a Martin Luther King, Nelson Mandela ed Elie Wiesel alla ricerca delle parole giuste per il discorso che pronuncia giovedi a Oslo nel ricevere il premio Nobel per la Pace. E’ l’intervento pubblico più difficile dall’inizio della sua presidenza e metterà a dura prova la sua capacità di convincere, a quanto scrive il New York Times.

Si tratta, in effetti, di un Premio Nobel instabilmente sospeso tra guerra e pace il riconoscimento che il presidente americano Barack Obama riceverà pochi giorni dopo avere annunciato l’invio di altri 30 mila soldati Usa in Afghanistan. Quando il comitato per il Nobel per la Pace annunciò poche settimane fa in Norvegia che il prestigioso riconoscimento era stato assegnato quest’anno al presidente americano, la Casa Bianca pensò inizialmente ad uno scherzo e lo stesso Obama, svegliato per ricevere la notizia, non nascose lo stupore per la decisione.

La prima reazione del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs fu un messaggio email composto da una sola parola: WOW! Nell’intervallo di tempo trascorso tra l’annuncio del riconoscimento a Obama e il viaggio a Oslo per ricevere il Nobel la Casa Bianca ha trattato il conferimento del prestigioso premio con la cautela di un ordigno esplosivo evitando il più possible di menzionare una decisione che pone il presidente americano nella stessa categoria di Nelson Mandela e di Martin Luther King, di Madre Teresa e del Dalai Lama.

Gli stessi sostenitori di Obama ammettono che la decisione del comitato del Nobel per la Pace è stata probabilmente prematura: l’inquilino della Casa Bianca ha fatto molte promesse ma ha pochi successi concreti da poter vantare. Non solo: sul fronte delle guerre la decisione più importante presa finora da Obama é stata quella di inviare ancora più soldati americani nel conflitto in Afghanistan. Da quando Obama è alla Casa Bianca il contingente dei soldati americani in quel Paese è triplicato, da 34 mila ai 100 mila previsti dalla nuova strategia. E questa si chiama escalation bellica.

La decisione del Nobel ad Obama ha fatto piovere una valanga di critiche sul comitato di Oslo che ha sentito il dovere di giustificare la sua scelta: il presidente Usa è stato premiato per il suo impegno a liberare il pianeta dalle armi nucleari – é stato spiegato – per il suo sostegno alla diplomazia multilaterale e al ruolo dell’Onu nella risoluzione dei conflitti nonché per la ritrovata leadership degli Stati Uniti sul fronte della sfida climatica.

E’ una motivazione che induce a considerare la scelta norvegese più uno schiaffo morale alla ”politica del cowboy” del predecessore di Obama, George W. Bush, piuttosto che un riconoscimento di successi che l’attuale inquilino della Casa Bianca deve ancora conquistare. Alcuni sono a portata di mano: un accordo con la Russia sulla riduzione degli arsenali nucleari, che appare imminente, potrebbe essere il primo passo concreto verso la costruzione di una grande presidenza.

Il Nobel per la Pace è già andato in passato ad altri presidenti americani – nel 1906 a Theodore Roosevelt e nel 1919 a Woodrow Wilson – mentre in questo primo decennio del XXI secolo il riconoscimento è toccato ad altri due ex-inquilini della Casa Bianca: all’ex presidente Jimmy Carter nel 2002 e all’ex vicepresidente Al Gore nel 2007. La Casa Bianca ha già fatto sapere che Obama, nel discorso che pronuncerà oggi, toccherà il tema del conflitto in Afghanistan per spiegare la bizzarra situazione di un presidente in guerra che riceve il Nobel per la Pace.

A poche ore dal discorso del presidente, dagli Stati Uniti giungono brutte notizie. Soltanto una esigua maggioranza di americani appoggia l’invio di altri 30 mila soldati in Afghanistan, e molti non credono che gli Usa possano avvalersi dell’aiuto delle truppe afgane o che che l’escalation voluta da Obama possa ridurre il rischio di attacchi terroristici negli Stati Uniti.

Il sondaggio, realizzato dal New York Times e dalla CBS, mostra una costante discesa della popolarità del presidente mentre si avvicina la scadenza del suo primo anno alla Casa Bianca. Solo il 50 per cento approva il suo operato in generale (era il 68 per cento lo scorso aprile). L’approvazione della sua politica economica è scesa al 47 per cento (54 per cento in ottobre), e solo il 42 per cento è d’accordo con i progetti di Obama per una riforma sanitaria, un calo di cinque punti rispetto ai mesi scorsi.

Published by
lgermini