La corte guidata da Jed S. Rakoff ha respinto il patto, che prevedeva una multa da 33 milioni di dollari, perché «non rispettava le più elementari nozioni di giustizia e moralità». La Bank of America è accusata di aver ingannato gli azionisti nascondendo i bonus pagati da Merrill Lynch ai propri manager all’epoca della fusione tra i due istituti del primo gennaio scorso, costata 50miliardi di dollari di fondi pubblici.
L’intervento del giudice fa tirare un sospiro di sollievo a quanti hanno vissuto come un sopruso il comportamento arrogante delle grandi banche, ma non fa passare la preoccupazione di chi vede la realtà del sistema del credito americano che è in mano a quattro mega banche, dopo le fusioni e i salvataggi conseguenti alla crisi. Attualmente i quattro colossi controllano il 60% dei depositi bancari statunitensi.
A dodici mesi esatti dal collasso di Lehman Brothers, il presidente Obama parla nella sede della Borsa di New York, esorta i cittadini a guardare verso la fine del tunnel nefasto della crisi e lancia un monito a Wall Street: «Non contate sui salvataggi pubblici, non ci saranno più gli eccessi del passato». Eppure la cosiddetta strategia del “too big to fail”, “troppo grande per fallire”, ha portato l’amministrazione a proporre ai cittadini soluzioni inconsistenti da un lato e dall’altro ha reso sempre più potenti i maggiori istituti di credito del paese.
Le grandi banche sono sopravvissute alla recessione, sono troppo forti per essere lasciati fallire, lo Stato continuerà ad aiutarli e di questo gli investitori sono consapevoli. Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha avvertito: «La logica del “troppo grande per fallire” non è una strategia politica, è il problema».