ROMA – Uno studioso che incontra un dittatore fa bene? La risposta dell’economista Dani Rodrick alla questione delle “mani sporche” è no, non fa male. Spesso i leader cercano d’impegnarsi solo per legittimare il proprio regime, caso in cui i consulenti stranieri dovrebbero solo tenersi alla larga, scrive Rodrick sul Sole 24 Ore. Ma quando i consulenti credono che il proprio lavoro possa dare dei vantaggi a coloro che sono tenuti in ostaggio dallo stesso leader, hanno il dovere di fornire la propria consulenza. Anche in questo caso dovrebbero comunque tenere sempre presente che finiscono per toccare un livello di complicità morale. Al termine della collaborazione, infatti, se i consulenti non si sentono in parte sporchi e colpevoli, significa che non hanno riflettuto abbastanza sulla natura della relazione”.
L’economista ricorda il proprio incontro con Seif al Islam, il figlio “filo-occidentale” di Muammar Gheddafi: il giovane volle incontrarlo dopo la sua laurea alla London School of Economics. Ma per Rodrick l’incontro fu una “delusione”. Verso la fine dell’incontro Seif Gheddafi lo invitò in Libia, e Rodrick accettò. Di quell’invito non si fece nulla. Ma Rodrick si chiede che cosa sarebbe successo se invece l’invito si fosse concretizzato: “avrei seguito le orme di diversi miei colleghi di Harvard che si sono recati in Libia per scambiare opinioni e fornire consulenza al suo dittatore dietro pagamento?”
“Scegliere un comportamento con il fine di un bene superiore non ci assolve dalla colpevolezza morale, sostiene Rodrick. Le nostre mani si sporcano comunque quando aiutiamo un terrorista o un dittatore”. L’economista ricorda l’espressione del filosofo Michael Walzer: “è facile sporcarsi le mani in politica. Farlo in questo modo, è spesso l’unica cosa giusta”.