Dopo lo scontro in Consiglio tra Ue e Francia, Bruxelles continua ad indagare sulla muscolosa politica francese in odore di discriminazione razziale contro i Rom. Ma dopo tanto rumore, il rischio è che la montagna partorisca un topolino.
Su quella che sarà la conclusione dell’indagine sull’avvio della procedura d’infrazione pesa infatti la condanna piombata sulla vicepresidente della Commissione, Viviane Reding, per l’ardito accostamento tra Francia e nazismo.
Ieri Josè Manuel Durao Barroso (che secondo alcune fonti del palazzo Berlaymont, mercoledì ha avuto un ‘duro chiarimento’ con la Reding per costringerla a fare marcia indietro) ha invitato a ”scordare il passato” e mettere l’incidente alle spalle.
Ma la sensazione è che in realtà da oggi il presidente della Commissione europea si ritrovi fra due fuochi. Da una parte la necessità di ricucire i rapporti con il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ieri in Consiglio ha avuto il sostegno di Berlusconi, ma anche quello di Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Bulgaria. Dall’altra quella di non smantellare il nuovo corso dell’azione della Commissione stessa (previsto dal Trattato di Lisbona ed enunciato con il primo discorso sullo Stato dell’Unione di dieci giorni fa davanti all’Europarlamento.
Il rischio di una crisi prolungata con Parigi è quello di avere l’opposizione della Francia sulle grandi riforme lanciate dalla Commissione: dalla governance economica-finanziaria alla rappresentatività Ue in politica estera, dalle agenzie di rating alla revisione del patto di stabilità. Non è stato certo per caso che ieri Sarkozy ha ricordato di essere stato ‘grande elettore’ del portoghese.
Barroso però è stato costretto a fare la voce grossa con l’inquilino dell’Eliseo per evitare che si fermasse la macchina dell’indagine sulla Francia. Uno stop improvviso, oltreché non essere gradito dalla Merkel, avrebbe messo in crisi la credibilità della Commissione.
Troppo evidente la contraddizione tra le spiegazioni date dai ministri Besson e Lellouche sulla natura ”non etnica” delle espulsioni ed il testo della circolare emanata del ministero dell’Interno francese (che ordinava ai prefetti ”almeno una operazione importante a settimana prioritariamente contro i Rom”).
Da Berlino, dove è intervenuta ad un convegno della Società tedesca per i diritti umani, la Reding è tornata a far sentire la sua voce. Per affermare sobriamente che ”le autorità di Parigi sono sospettate di aver assunto decisioni contro una minoranza etnica, se i sospetti verranno confermati, la Commissione dovrà assumere il suo ruolo di guardiana dei Trattati, e lo farà”.
L’appuntamento è tra due settimane. Due gli scenari di conclusione dell’indagine: blanda ‘lettera di messa in mora’ (di fatto si chiede alla Francia di dare spiegazioni entro due mesi) o severo ‘parere motivato’ (si danno due mesi per correggere la legislazione nazionale, pena il deferimento alla Corte di giustizia). L’ipotesi numero uno potrebbe risolvere i problemi di Barroso.