Uno scandalo minaccia di travolgere il giornalismo inglese e lambire da vicino uno dei più importanti e potenti editori del mondo, Rupert Murdoch, arcirivale, in Italia, dell’imprenditore – primo ministro Silvio Berlusconi. E non c’è dubbio che anche la mitica Scotland Yard, la polizia londinese, ne esca piuttosto male, addirittura con richieste di formale inchiesta sul suo presunto favoritismo verso i giornali di Murdoch. E qualche schizzo è destinato anche all’immacolata camicia del neo premier britannico David Cameron, che si è preso come stratega dell’immagine uno dei personaggi coinvolti nello scandalo e, a quanto finora è emerso, non ha certo messo alla porta del numero 10 di Downing Street Murdoch quando si è presentato con la lista dei suoi desideri per abbattere l’odiata concorrente Bbc.
La vicenda è stata rivelata al pubblico di lingua inglese da due giornali ostili a Murdoch sia per ideologia, il Guardian di Londra, sia per business, il New York Times. Murdoch non ha mai rispettato il fair play verso i suoi concorrenti (ma il fair play, dicono, è inglese, mentre Murdoch è un rude australiano).
Gli ingredienti del giallo ci sono tutti: gossip, spionaggio, media e teste coronate. Ma quello che doveva essere un asso nella manica per uno dei maggiori quotidiani britannici, il News of the World, gli si sta ritorcendo contro, dopo avere spalancato il vaso di Pandora di segreti carpiti illegalmente ma assolutamente ambiti dai lettori inglesi. Per decenni i tabloid londinesi hanno fatto i soldi grazie ai gossip sulle relazioni extra-coniugali dei politici, i vip drogati e le scappatelle reali. Il gossip poteva spezzare carriere, dando un potere enorme ai giornali, sempre pronti a soddisfare la fame di pettegolezzi degli inglesi. Ovviamente senza farsi mancare investigatori privati e metodi assai poco etici, quando non addirittura illegali. Ma la vicenda che il New York Times pubblicherà sul suo magazine in rotocalco, il suo sito internet ha lanciato nel mondo e il Guardian ha rilanciato, sembra superare i confini della decenza anche per gli ipocriti anglosassoni.
La storia ha inizio nel novembre del 2005, quando tre funzionari della casa reale britannica si accorgono che ai loro telefoni cellulari accadono episodi strani: dei messaggi che non avevano mai ascoltato apparivano nella loro casella vocale come già sentiti e salvati.
Nello stesso periodo, alcuni episodi privati e curiosi riguardanti il principe William iniziano ad apparire sul News of the World. Una coincidenza piuttosto strana, considerato che nessuno aveva messo al corrente la stampa. Così i fidati della Royal Family cominciano a sospettare che qualcuno li stia spiando.
I loro sospetti vengono confermati nel gennaio del 2006 niente meno che da Scotland Yard. Due nomi saltano fuori dalle indagini: quello di Clive Goodman, cronista del News of the World, e quello di Glenn Mulcaire, investigatore privato al servizio dello stesso giornale. I due uomini, si scopre, sono riusciti a ricavare i codici PIN necessari per accedere alla casella vocale dei funzionari di Buckingham Palace.
Scotland Yard sceglie la tattica del silenzio e invita i dipendenti di palazzo a continuare a comportarsi come se nulla fosse successo, per permettere alle indagini di procedere senza intoppi. Alcuni mesi dopo, con la storia del principe Harry in visita ad uno strip club, la svolta: la polizia britannica scopre che Goodman e Mulcaire hanno ascoltato i messaggi della segreteria telefonica del principe Harry.
Il 9 aprile del 2006, un nuovo scoop del News of the World, sempre a firma di Goodman, su Harry e la sua fidanzatina Chelsy, riporta parola per parola un messaggio vocale ricevuto dal principino: troppo per non dare una scossa alla vicenda.
Il palazzo si ritrova spiazzato, Scotland Yard si rende conto che i reporter di News of the World probabilmente sono “penetrati” anche nelle segreterie di altri nobili, vip, sportivi e chissà chi altri ancora.
Nello stesso anno Scotland Yard trova a casa di Mulcaire, l’investigatore privato, elenchi con migliaia di numeri telefonici di potenziali vittime, e 91 codici PIN di cellulari.
Ma la vicenda non finisce qui: quest’estate cinque persone hanno hanno citato il giornale News of the World, del Gruppo News International, di proprietà di Rupert Murdoch, per essere entrato nelle loro caselle vocali. Oltre al Notw, giornale scandalistico della domenica, Murdoch in Inghilterra possiede anche il quotidiano popolare Sun, il Times, una volta considerato il più autorevole del mondo, il domenicale Sunday Times, un mito mondiale del giornalismo negli anni 60 e 70, prima che Murdoch lo comprasse, e The London Paper, un quotidiano gratuito distribuito nella capitale.
Nel settembre del 2009, davanti alla commissione parlamentare chiamata ad indagare sul caso, Les Hinton, uno degli uomini di fiducia di Murdoch, che da direttore esecutivo di News International lo ha messo a capo di Dow Jones, non aveva rinunciato a difendere il quotidiano.
Non fu il solo: Bill Akass, managing editor del News of the World, respinse ogni accusa, incolpando a sua volta il New York Times di scrivere del caso solo per rivalità.
Ma le testimonianze di diversi ex giornalisti e direttori del News of the World diedero una versione ben diversa, descrivendo un’atmosfera delirante, in cui i reporter erano incitati dagli stessi direttori a servirsi di ogni mezzo pur di ottenere uno scoop.
In febbraio, la commissione parlamentare pubblicò un rapporto in cui accusava i dirigenti del News of the World di “aver deliberatamente confuso le acque”.
Il rapporto fece scalpore, ma non portò a un’inchiesta giudiziaria in grande stile. Ci fu solo un processo a carico del giornalista Goodman e del detective Mulcaire e una serie di transazioni milionarie o quasi tra la società editrice di Murdoch e alcune delle vittime di attacchi giornalistici conseguenti allo spionaggio. Lo scandalo sembrava finito, e Andy Coulson, direttore di News of the World quando lo scandalo emerse e promotore di una linea all’insegna del gossip più sfrenato e politicamente scorretto, dimessosi tempestivamente dopo l’arresto di Goodman, sembrava destinato a una irresistibile carriera politica, dopo essere stato ingaggiato dal Partito Conservatore per la campagna elettorale e essere diventato stratega dell’immagine del nuovo premier David Cameron.
Ma la storia non è morta lì. Tre cittadini inglesi chiedono un’inchiesta sul comportamento della polizia, che insabbiò più che poté, fornendo le minori informazioni possibili e spesso solo sotto ingiunzione della magistratura. Anche l’equivalente inglese della nostra procura della Repubblica, con molto minori poteri rispetto alla polizia che non è ad essa subordinata, ha lamentato la reticenza di Scotland Yard. Un ex ispettore di Scotland Yard ha detto di avere anche subito pressioni per mettere tutto a tacere da parte del capo ufficio stampa della polizia, in base al timore di rovinare i buoni rapporti da tempo intercorrenti tra Scotland Yard e i giornali di Murdoch.
Gli avvocati in questi anni hanno più volte cercato di far pressione su Scotland Yard affinché rivelasse tutti i nomi dell’elenco di Mulcaire: un affare troppo ghiotto per i legali, sicuri di vincere contro il quotidiano ormai screditato. Tra le celebrità spiate dai reporter, sono saltati fuori i nomi di David e Victoria Beckham: a tenerli “sotto controllo”, Sean Hoare, ex cronista e amico di Coulson, di cui fu collega al Sun.
Il ciclo dello scandalo si chiude sulla porta del numero 10 di Downing street, residenza ufficiale del primo ministro della Regina, occupata in questo momento da Cameron. Già Cameron era stato chiacchierato nel 2008 quando, da leader dell’opposizione, aveva accettato da Murdoch un passaggio in aereo (valore 30 mila sterline) per andare a una serie di incontri in Europa con leader politici e oligarchi russi.
Ora la questione si è fatta più spessa. Secondo il New York Times, Murdoch spostò il sostegno dei suoi giornali dai laburisti ai conservatori dopo che gli uomini di Cameron accettarono una “lista dei desideri” dell’editore. Cameron, una volta eletto, in maggio, si è affrettato a onorare la cambiale. Ha assunto nel suo staff Coulson e ha invitato Murdoch a Downing street e gli ha chiesto un fatto concreto, demolire la Bbc, tv di Stato, odiata rivale, gratuita ma piena di soldi perché gli inglesi, più furbi degli italiani, invece di imporre il canone Rai, impongono semplicemente una licenza per guardare la Tv: la stessa differenza tra farci pagare il bollo auto e un bollo Fiat della tv satellitare Sky, che in Gran Bretagna, come in Italia, è a pagamento.
La Bbc è un ostacolo alle mire totalitarie, in campo tv, di Murdoch, che in Inghilterra possiede Sky, che è satellitare e a pagamento, come in Italia.
Puntualmente, in luglio, cioè appena due mesi dopo la vittoria, ha cominciato l’attacco alla Bbc, dicendo che spendeva troppo. Così fecero, negli anni del Caf, Dc e Psi per salvare Berlusconi dalla bancarotta cui lo spingeva la crescente spirale dei costi della Rai guidata da Biagio Agnes. Misero da parte Agnes e nominarono un direttore generale che si mise a tagliare i costi, ma non nel senso di vedere se per caso i singoli programmi costassero troppo, semplicemente eliminando programmi. Da allora non è più finita.
Una nota di orgoglio nazionale però qui è d’obbligo. Perché Murdoch deve agire sul primo ministro che deve agire sulla orgogliosamente indipendente Bbc, mentre qui da noi Berlusconi è arrivato a fare tutto da solo, mettendo direttamente a capo della Rai un suo ex funzionario.
Lo stesso Murdoch si è sempre servito dei suoi giornali inglesi (il Sun, il Times di Londra e il Sunday Times) per promuovere la propria linea politica conservatrice: prima sostenendo Margaret Thatcher, poi, dopo un lungo corteggiamento da parte di questi, Tony Blair.