ABBOTTABBAD – Lo squadrone della morte che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha inviato nella città pakistana di Abbottabad con lo scopo uccidere Osama Bin Laden fa parte di un corpo di elite della marina americana, meglio conosciuto sotto il nome di Seal Team 6. Queste forze speciali si vantano al di sopra di tutto di due cose: segretezza e efficienza.
Una misura della riservatezza di questi militari può essere presa dalla mail spedita dal capo del corpo all’indomani dell’uccisione di Bin Laden per ricordare ai componenti il dovere delle segretezza: «Siate estremamente prudenti. Il combattimento non è ancora finito». Anche se molto è noto su queste unità militari, il segreto legale, di stato, copre una parte importante delle loro operazioni.
Il Seal Team 6 è difatti adoperato dal governo statunitense in operazioni di controterrorismo e in guerre e conflitti non convenzionali. Negli ultimi anni i teatri delle operazioni sono stati lo Yemen, la Somalia e l’Afghanistan.
Fin d’ora, nel caso del Seal Team 6, il mito e la cronaca, grazie ad un alone di mistero, si intrecciano. E’ di poco tempo fa la notizia, aneddotica ma in fondo istruttiva, che una rete tedesca, la N24, volendo mostrare al pubblico lo «scudo» del Seal Team 6 ha per errore mandato in onda quello di un corpo militare proveniente dal pianeta Klingon, ovvero dalla celebre serie televisiva Star Trek.
Anche se la mitizzazione del Seal Team 6 non raggiungerà, salvo altre clamorose sviste, queste vette della fantasia, sentiremo parlare ancora a lungo di questi soldati, in libri, rivisti e trasmissioni televisiva. Sulla scia dell’emozione suscitata dall’esecuzione di Bin Laden, una casa editrice statunitense sta già preparando una pubblicazione sulle forze speciali: Memorie di un Cecchino della Navy Seal.
Malgrado le celebrazioni e il recente successo, la storia del commando non è fatta solamente di reputazione impeccabile, efficienza e segretezza. Qualche macchia offusca già il nome di questo corpo relativamente recente, fondato nel 1980 da Richard Marcinko, veterano del Vietnam, incaricato dal governo nel 1980, di istituire delle forze speciali di controterrorismo all’indomani della clamorosa debacle della Crisi degli ostaggi iraniana.
Soprattutto negli ultimi anni, nella fattispecie nel 2010, il Seal Team 6 ha dovuto fare fronte a duri fallimenti. Nell’ottobre di quell’anno alcuni marinai dell’unità erano stati inviati per liberare la cooperante britannica Lindia Norgrove , tenuta in ostaggio da insorti afgani. Nell’operazione la donna morì. I rapporti iniziali suggerirono che questa era stata uccisa della deflagrazione di una cintura-bomba azionata da uno dei rapitori. Solo dopo che i superiori analizzarono i filmati, capirono che l’ostaggio era morto a causa di una granata lanciata da un membro del commando.
Solo pochi anni prima, nel 2008, le forze speciali avevano fatto già parlare di loro, quando, dopo aver lasciato sfuggire i loro bersagli, li avevano inseguiti fino ad oltrepassare il confine afghano, impegnandosi in un pesante conflitto a fuoco che aveva causato numerose vittime civili, accertate da fonti ufficiali. Gli Stati Uniti, sebbene generalmente restii a commentare azioni segrete, erano stati costretti a scusarsi pubblicamente.
Un altro punto dolente del mitico corpo d’elite risiede per così dire nel suo atto stesso di costituzione. Il mitico fondatore del corpo d’elite della marina, Marcinko, ed ancora oggi figura mitica all’interno del Seal Team, fu condannato, poco dopo aver fondato il corpo, a diversi mesi di prigione per appropriazione di fondi, conflitto di interessi, corruzione.
Altri membri del team subirono nello stesso periodo la stessa sorte ed è stata senz’altro la cattiva reputazione del gruppo all’interno della Marina ad aver provocato i mutamenti di nome che si sono susseguiti nel corso degli anni, Mobility 6, Seal Team 6 (il nome più conosciuto al pubblico), Marine Research Facility (MARESFAC) per arrivare finalmente all’attuale DEVGRU, acronimo di Naval Special Warfare Development Group.