Siria, Erdogan in Libia: "Anche Assad cadrà"

ANKARA, 16 SET – Dopo l'ostilità per Israele ribadita al Cairo, dopo il modello turco di islam moderato evocato a Tunisi, è stato il ''potere del popolo'' che fa cedere i regimi come quello siriano il filo rosso degli interventi che il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha fatto oggi a Tripoli, ultima tappa del suo tour nei tre paesi della primavera araba su cui cerca di far valere l'influenza di Ankara.

Costretto a cedere il passo al presidente francese Nicolas Sarkozy e al premier britannico David Cameron che, a sorpresa, lo avevano bruciato sul tempo ieri andando ad incassare a Tripoli un primo dividendo di popolarità generato dai loro bombardamenti anti-Gheddafi, il primo ministro turco ha avuto finalmente per sé la simbolica piazza dei Martiri, risuonante di acclamazioni ''Turchia, Turchia'' e fitta (almeno ad uso delle tv) delle sue bandiere rosse con la mezzaluna.

Erdogan, proprio oggi convocato dal presidente americano Barack Obama per la settimana prossima al fine di discutere anche di tale questione, non ha insistito come al Cairo sulla crisi con Israele fatta di orgoglio nazionale turco e patrocinio della causa palestinese che lo rende un ''eroe'' nelle strade dei paesi arabi.

Né, dopo la preghiera in una moschea ottomana di Tripoli, si è lanciato come ieri a Tunisi sul controverso tema del mix turco di islam e democrazia. Bensì ha scaldato la folla prevedendo la caduta del suo ex alleato siriano, il presidente Bashar Al Assad, a causa della repressione nel sangue dei moti di protesta perpetrata poco al di là dei circa 900 km di confine turco-siriano: "Voi siete quelli che hanno dimostrato al mondo intero che nessuna amministrazione può opporsi al potere e al volere del popolo", ha detto Erdogan ai libici attraverso una traduzione simultanea in arabo. "Non dimenticatelo: coloro che in Siria infliggono la repressione al popolo non potranno restare in piedi". Insomma: Assad la ''pagherà''.

In una conferenza stampa Erdogan ha poi annunciato che rivelerà la propria decisione di chiedere o meno le dimissioni di Assad dopo l'assemblea dell'Onu della settimana prossima, ponendo fine ad un ruolo di consigliere inascoltato che dura da mesi per paura delle conseguenze di un crollo incontrollato del regime nonostante gli Usa e altre potenze chiedano da tempo un'uscita di scena del dittatore.

Pur di piacere alla folla, Erdogan ha anche esaltato un martire della resistenza libica contro il colonialismo italiano. Ma sono stati dichiaratamente i 300 milioni di dollari di aiuti sfornati dall'economia turca che cresce a ritmi record, assieme al ricordo di operazioni umanitarie in favore dei feriti di Bengasi, a farlo ben accogliere dal presidente del Consiglio nazionale di Transizione libico, Mustafa Abdel Jalil.

Dopo un'ora di incontro il premier ha potuto parlare di futura collaborazione in tutti i campi, compresa la costruzione di un nuovo parlamento libico. Musica per le orecchie degli imprenditori turchi che hanno contratti soprattutto immobiliari per 15 miliardi dollari (e altrettanti sotto varie forme di investimento) messi però a rischio della mediazione troppo ambivalente tentata inutilmente da Ankara fino a luglio tra ribelli poi vincitori e colonnello Muammar Gheddafi ora nascosto chissà dove.

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Maria Elena Perrero