Strage Egitto, repressione islamica contro i cristiani

Uno dei cristiani copti morti in Egitto

La strage dei cristiani copti in Egitto fa parte di un piano strategico elaborato dagli estremisti islamici. Sono in molti a pensare che l’episodio sanguinolento, che ha provocato 9 morti nel villaggio di Nagga Hamadi, non sia stato un caso isolato.

Secondo Emad Gad, ricercatore del centro indipendente di ricerche politiche e strategiche Al Ahram, questo episodio rappresenta «un salto di qualità pericoloso e senza precedenti nell’escalation di violenza contro i copti». Per Gad lo Stato «deve riconoscere il problema e affrontarlo a tutti i livelli, facendo cessare l’incitamento sistematico contro di loro».

La versione circolata poche ore dopo la strage è che si fosse trattato di una ripicca: la comunità islamica si sarebbe così vendicata per uno stupro subito da una ragazza musulmana. Gli esecutori della violenza erano stati individuati all’interno della comunità cristiana.

Una versione che non convince Emad Gad: l’attentatore, osserva, ha sparato «colpendo a caso» tra le sue vittime, in ciò compiendo una vendetta collettiva nei confronti di tutti i copti.

Gad ritiene che l’intolleranza dei musulmani si stia estendendo in tutti i settori della società egiziana: l’incitamento contro i cristiani, precisa, «non esiste solo nelle moschee e sulle tv satellitari, ma anche nelle scuole e sui manuali scolastici».

Anche monsignor Youhannes Zakaria, vescovo copto cattolico di Luxor, ha detto che dietro «questo attacco nel giorno del Natale ortodosso vi è un disegno evidente di trasformare i giorni di festa cristiani in giorni del dolore».

«La prova – ha aggiunto – è che anche la Pasqua scorsa era stata attaccata la comunità cristiana nel villaggio di Nagaa Hamadi. Nella sparatoria tre giovani cristiani persero la vita».

Secondo il vescovo di Luxor la reazione esasperata dei musulmani dipende da «quello che avviene nel resto del mondo, come ad esempio il referendum svizzero che proibisce i minareti».

Emag Gad punta l’indice contro lo Stato egiziano, che nel 1980 ha inserito nella Costituzione l’attuale articolo 2: questo articolo afferma che l’Islam è religione di Stato e la sharia è fonte principale delle sue leggi.

Gli attacchi contro i cristiani non sono però circoscritti al solo Egitto: nel mondo islamico si è sempre più radicata nel tempo la convinzione che Occidente e cristianesimo combaciano. Dunque attaccare i “nemici” religiosi equivale a combattere i “nemici” politici.

Le ultime violenze di una certa entità sono avvenute in Iraq nello scorso dicembre. In quell’occasione alcune autobombe furono fatte esplodere fuori da alcune chiese di Mossul.

Le chiese irachene hanno subito negli anni continui attacchi: infatti il Vaticano si è più volte lamentato presso il governo di Baghdad.

Violenza brutali ci sono state anche in India: nell’agosto del 2008 nello Stato dell’Orissa furono bruciate case, assaltati conventi, orfanotrofi e ospedali, violentate e bruciate vive suore. Non c’è mai stato un bilancio definitivo delle vittime.

Tuttavia il processo si concluse con molte assoluzioni e pene piuttosto lievi per i responsabili delle stragi.

Anche in Nigeria ci sono stati scontri abbastanza sanguinosi: nel luglio un gruppo integralista animò una rivolta, dopo aver chiesto l’applicazione della sharia anche alla comunità cristiana. Sette mesi prima c’era stata un’altra esplosione di violenza con centinaia di morti, ma il Papa e i vescovi locali avevano negato la matrice religiosa degli incendi a chiese e moschee.

In Pakistan le leggi antiblasfemia sono costate la vita a molti esponenti di fede diversa da quella islamica: il maggior numero di vittime si è registrato proprio tra i cattolici.

In Vietnam, come ha riferito la Radio vaticana, la polizia ha abbattuto con gli esplosivi il crocifisso nel cimitero cattolico di Hanoi. I fedeli, richiamati sul posto dal boato, sono stati caricati e picchiati dagli agenti.

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Alberto Francavilla