Tra i tabù che la crisi finanziaria mondiale ha frantumato c’è senz’altro quello sulla spesa militare americana. Fin dall’inizio della Guerra Fredda le voci di spesa del Ministero della Difesa sono state un capitolo che si è sempre e solo accresciuto (a dei livelli beninteso più elevati dell’inflazione). Prima i conflitti latenti con la Russia, la ricerca nucleare, i finanziamenti ai paesi amici del blocco capitalista. Poi, dopo il crollo del gigante sovietico, la Guerra del Golfo, dieci anni dopo l’Afghanistan, seguito a ruota dall’Iraq. Insomma al Dipartimento della Difesa da cinquant’anni a questa parte anno dopo anno si sono sempre avuti più mezzi, più uomini, più spese.
Oggi, con il governo Obama – e soprattutto con la feroce crisi che non ha smesso di infierire – le cose stanno cambiando. In questo tempo di vacche magre tagliare alla Difesa non è più un tabù. Il Segretario alla Difesa, il navigato Robert Gates, ha annunciato che il Pentagono diminuirà le spese per 78 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni e ridurrà le dimensione dell’Esercito di terra e della Marina. Queste misure eccezionali significano che i militari vedranno il loro budget aumentare solo dell’1 per cento al netto dell’inflazione il prossimo anno, mentre il budget resterà stabile nel 2015 e nel 2016.
Gli attuali tagli sono il risultato della situazione economica, ovvero l’esistenza di un deficit americano schizzato alle stelle. Nel contempo essi rivelano una consapevolezza politica nei palazzi dei potere di Washington totalmente inedita. I dirigenti democratici come pure molti repubblicani hanno realizzato che le spese dell’esercito – che totalizzano un quinto del budget federale – non possono più essere un dogma intoccabile. I tagli possono dunque colpire quello che fino a ieri era la “città proibita” dei conti americani.
In una conferenza stampa, Gates ha annunciato che il budget proposto dalla Casa Bianca per le spese del Pentagono del prossimo anno ammonterà a 533 miliardi di dollari (escludendo le guerre n Afghanistan e in Iraq). «Dobbiamo capire – ha detto ai giornalisti presenti – che non ogni programma di difesa è necessario, non ogni dollaro speso per la difesa è sacro o speso bene, e soprattutto non è semplicemente sostenibile». Negli ultimi mesi il segretario alla Difesa ha tentato di preparare la macchina militare americana ai cambiamenti che si sentivano nell’aria, e che si preparavano nei corridori di Washington. Sono stati così eliminati negli scorsi due anni decine di costosi programmi per lo sviluppo di innovative armi da guerre. Nel contempo Gates non ha mai smesso di perorare la causa del Pentagono, tentando di assicurare i dirigenti della Casa Bianca che i militari hanno fatto propria la nuova sobrietà in vigore. Un modo per giustificare la modesta ma costante crescita del budget annuale.
Con la riduzione del budget militare americano inizia forse la fine di un’era. Ancora in lontananza, ma già visibile, si delinea quella fine della supremazia militare americana che sarà senz’altro, se già non lo è, uno dei tratti distintivi della futura situazione geopolitica.