I Tea Party sono un movimento complesso, imprevedibile. A quanto si dice il movimento è nato dal basso, sebbene dopo qualche settimana avesse già dei leader carismatici. Inaspettatamente, il movimento è riuscito a sparigliare le carte della destra americana e il Great Old Party deve ormai fare i conti con questo. Con il disappunto dell’establishment, alcuni dei candidati repubblicani alle prossime elezioni di Mid Term sono stati eletti grazie all’appoggio determinante dei Tea Party.
Ma come interpretare questa folla di reazionari ? La questione è interessante perché i membri del movimento rappresentano quell’avanguardia conservatrice, molto spesso reazionaria e populista, che prospera in tutti periodi di crisi economica. Ma perché sono così arrabbiati? Ma, soprattutto, cos’è che li fa tanto arrabbiare?
La domanda può sembrare oziosa, ma lo è solo in apparenza perché i Tea Party sono abbastanza generici riguardo alle loro ambizioni politiche. Sono per il taglio delle tasse, il ruolo minimo dello Stato, il primato dell’individuo, la riduzione del debito pubblico. E, dunque, dov’è la novità? E poi, ancora, perché sono così arrabbiati? Ecco, senza accorgercene, il punto: fare parte dei Tea Party significa in primo luogo essere arrabbiati, e paranoici. I contenuti vengono dopo e rappresentano, in ogni caso, i contenuti tradizionali della destra repubblicana.
Per accorgersene basta vedere cos’è successo col fosfato. Proprio il fosfato ha scatenato uno dei tanti atti di “disobbedienza civile” che caratterizzano la grammatica politica dei Tea Party.
Prima di raccontare la “guerra del fosfato” bisogna sapere che il nome del gruppo politico si rifà ad un famoso episodio della guerra di liberazione americana contro l’Inghilterra: il Boston Tea Party. Il movimento rivoluzionario cominciò con un atto di disobbedienza civile, gettare in mare le casse di tè tassate dagli inglesi. Gli americani cominciarono così a liberarsi dal giogo (soprattutto fiscale) di sua maestà la regina.
Da allora gli inglesi se ne sono andati, ma la disobbedienza civile fa sempre parte dell’iconologia ufficiale della lotta degli oppressi contro il governo oppressore. Se a capo del governo si trova poi, come oggi, un afroamericano, che per di più di cognome fa anche Hussein, il diritto all’insurrezione diventa probabilmente un dovere per una certa fascia di zeloti.
Ma torniamo al fosforo, che si trova, lo si sa, nei detersivi. Il fosfato serve ad ammorbidire le macchie e i residui di cibo, i quali vengono più facilmente eliminati dalle sostanze detergenti. Recentemente si è scoperto però che il fosfato, una volta scolato, danneggia fortemente l’equilibrio delle riserve d’acqua, fiumi, laghi, torrenti. Di conseguenza, diversi stati americani hanno avuto l’idea ineccepibile di proibire i detersivi a base di fosfato. In fondo, c’è da scommetterci, solo uno specialista di prima grandezza potrebbe percepire la differenza tra i risultati prodotti da un detersivo al fosforo e da uno senza.
Il giorno in cui la contea di Spokane ha proibito i detersivi al fosfato, diversi residenti si sono ribellati, prendendo le loro macchine e guidando fino al confine con l’Idaho al solo fine di acquistare detersivi con fosforo. La semplice convinzione che esista un governo tirannico che voglia privare i cittadini americani delle più elementari libertà, tra cui quella di usare il fosforo a proprio piacimento, li aveva spinti ad una decisione che definire irrazionale è riduttivo.
I Tea Party sono proprio questo: scelte irrazionali dettate da un’attitudine paranoica.