Terrorismo, Frattini: "Armi libiche ai terroristi islamici"

ALGERI, 12 LUG – La ''soluzione politica'' anzi, la pace, è il solo modo per uscire dal pantano libico e dall'onda lunga dei suoi 'sconfinamenti'. In primo luogo dall'incontrollabile via vai di armi che, dagli arsenali di Gheddafi passano nelle mani degli insorti di Bengasi e, attraverso le dune dei deserti saheliani, finiscono in quelle degli estremisti islamici dell'Aqmi (Al Qaida del Maghreb islamico).

Il messaggio, chiaro, arriva dalla capitale algerina, nel giorno di una missione lampo del ministro degli Esteri Franco Frattini, che parla esplicitamente dei ''vantaggi'' che gli estremisti islamici della regione saheliana hanno avuto dal conflitto in Libia per ''rifornirsi di armi''.

La crisi nel Paese nordafricano, denuncia il titolare della Farnesina, ha messo in moto una sorta di trasferimento di ''armi, uomini e denaro che sono caduti nelle mani di gruppi estremisti terroristi nel Sahel'', temuti sia dall'Italia e dall'Europa, sia dall'Algeria del presidente Abdelaziz Bouteflika che porta ancora le cicatrici delle stragi fondamentaliste degli anni '90.

Algeri – spiega Frattini – è ''interessata quanto noi a che il terrorismo non ci sia'' perche' ''quante più armi circolano in questa regione, tanto peggio è per l'Algeria'', attore chiave per la stabilità regionale nonché importantissimo partner energetico per l'Italia.

Gli incontri con il presidente Abdelaziz Bouteflika, con il premier Ahmed Ouyahia e con il ministro degli Esteri Mourad Medelci vengono inevitabilmente dominati dalla guerra nel Paese nordafricano.

E a due giorni dalla riunione a Istanbul del Gruppo di Contatto sulla Libia, mentre ancora si combatte metro dopo metro, Italia e Algeria concordano, per molti buoni motivi, su come passare rapidamente al dopo: tutti – tranne Gheddafi e parenti – attorno a un tavolo di ''riconciliazione nazionale'' garantito dalle Nazioni Unite sulla scia delle proposte dell'Unione africana.

Qualche spiraglio, nella confusione anche diplomatica che ruota attorno alla Libia, sembra aprirsi dopo la dichiarazione di oggi a Le Figaro del premier libico Al Mahmoudi che si è detto pronto a negoziare senza condizioni.

Una dichiarazione che Frattini ha definito ''importante'' perché certamente il primo ministro libico''comprende come la soluzione politica va a beneficio di tutti'', sperando che – auspica il capo della diplomazia italiana – ''si traduca in una accettazione'' di quella ''vera e propria offerta politica'' che si attende da Istanbul.

Libia a parte, gli algerini contano su uno stretto rapporto con l'Italia che il ministro degli Esteri Mourad Medelci ha definito ''strategico''. L'Italia, da parte sua, crede nelle riforme annunciate da Bouteflika e, sottolinea Frattini, ''è nostro interesse lavorare perché il Paese rimanga stabile''.

Di ''chance'', secondo il titolare della Farnesina, ce ne sono. Innanzitutto quella di ''dimostrare che, oltre alla stabilità ci può essere anche l'apertura democratica. L'errore commesso da altri Paesi qui è stato percepito prima e io – è il bilancio di Frattini – credo sia stato percepito in tempo utile''.

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