Tibet. Le autorità cinesi impediscono ai tibetani di recarsi a Lhasa

Il palazzo Potala a Lhasa, residenza del Dalai Lama prima del suo esilio

PECHINO, CINA – Con una decisione tesa probabilmente a contenere le ”autoimmolazioni” dei tibetani – i sucidi col fuoco di protesta contro la politica cinese nel territorio – Pechino ha reso estremamente difficile per i tibetani recarsi a Lhasa, la capitale storica del Tibet e centro spirituale del buddhismo tibetano.

”La situazione a Lhasa è al maggior punto di tensione da anni, e i tibetani sono sotto la forte impressione di essere diventati stranieri nel loro stesso Paese e di essere vittime di chiara discriminazione razziale”, ha dichiarato in un’intervista Nicholas Bequelin, ricercatore per la Cina del gruppo umanitario Human Rights Watch.

”Non abbiamo notizie di misure simili per residenti Han (cinesi) o Hui (musulmani di origine cinese)”, aggiunge Bequelin. Tenzin, 38 anni, tibetano, nato nella provincia cinese del Qinghai, conferma: ”Volevo andare Lhasa qualche mese fa ma ho rinunciato, era troppo complicato”, ha raccontato al sito tibetpost.net.  ”Mi hanno chiesto una lettera di garanzia di un residente, e anche se fossi riuscito a trovare qualcuno che me l’avesse scritta,  avrei avuto un permesso per soli tre giorni.”.

”Andare a Lhasa da Xining (la capitale del Qinghai, dove Tenzin lavora come autista) e’ molto costoso, non ha senso per me andarci solo per tre giorni. Inoltre quando ci vado voglio visitare i principali centri buddhisti che si trovano nella citta’ e nelle sue vicinanze, in tre giorni non ce la posso fare”, ha proseguito Tenzin.

Secondo Bequelin, ”le autorita’ di Lhasa stanno continuando la loro campagna per il controllo della popolazione tibetana iniziata nei primi mesi di quest’anno. Questa campagna è senza precedenti perchè prende di mira non solo persone non registrate a Lhasa ma anche molti che hanno un permesso di residenza temporaneo in ordine, specialmente persone che provengono dalla parte Est del Tibet”.

”Ci sono delle disposizioni speciali in particolare per la provincia del Sichuan dato che sono il luogo in cui ci sono state la maggior parte dei casi di autoimmolazione”, precisa l’esponente di Human Rights Watch. Le autoimmolazioni sono state fino ad oggi 81.

Dopo la prima, avvenuta nel 2009 ad Aba (Ngaba in tibetano), nella provincia del Sichuan, tutte le altre si sono verificate a partire dal marzo 2011. Di queste, 33 hanno avuto luogo ad Aba o nella vicina prefettura di Qiang. Secondo i siti web degli esuli tibetani, prima di morire gli ”autoimmolati” lanciano slogan per il ritorno in Tibet del Dalai Lama, il leader spirituale del buddhismo tibetano, che vive in esilio a Dharmsala, in India, dal 1959, e per l’indipendenza del territorio dalla Cina.

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lgermini