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Trump – Nfl, cioè Mattarella che dice figli di p… ai giocatori della serie A

Trump – Nfl: se Mattarella dicesse figli di p… ai giocatori di serie A (foto Ansa)

WASHINGTON – Trump-Nfl, detta così… Ma immaginate Sergio Mattarella, il compassato per ruolo e per indole Presidente della Repubblica, che litiga con Gigi Buffon e compagni dubitando della moralità delle loro madri. Ecco, in America, negli Usa, sta accadendo esattamente questo: Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, per niente compassato nonostante il ruolo lo richiederebbe, sta litigando via twitter con una serie di stelle delle sport americano e con l’equivalente della nostra serie A li ha candidamente definiti ‘son of a bitch’. Cioè figli di putt… .

E’ vero che Donald Trump, l’uomo dal ciuffo più discusso al di là e al di qua dell’Atlantico è noto per i suoi modi a dir poco spicci e per nulla educati. L’attuale inquilino della Casa Bianca è quello che ha detto che se la giovane Ivanka non fosse sua figlia ci avrebbe fatto un ‘pensierino’, è quello che gestisce le crisi internazionali a suon di tweet e ‘rocket-man’, ma è soprattutto quello che ha messo sullo stesso piano neonazisti e suprematisti bianchi con chi manifestava contro il razzismo. E proprio da qui è nato lo scontro. Ovviamente a colpi di cinguettii da parte di Trump. Scontro partito dall’iniziativa di un singolo giocatore di football americano che durante l’inno nazionale si è inginocchiato per protestare contro il razzismo.

Il Presidente indignato ha twittato che chi non rispetta l’inno andrebbe licenziato ottenendo come risultato, e con sua somma sorpresa, che i giocatori inginocchiati diventassero decine con a fianco allenatori e presidenti. E allargando la protesta al Baseball con tutta la lega che si è schierata non contro Trump ma contro il razzismo. Ed è grave che in buona parte degli Usa e non solo ormai le cose suonino quasi come sinonimi. A questo punto il successore di Obama, in un comizio, ha ribadito che i giocatori che protestano durante l’esecuzione dell’inno vanno cacciati e i tifosi devono uscire dagli stadi. Secondo Trump queste proteste rappresentano “una mancanza di rispetto nei confronti del nostro patrimonio”. “Non vi piacerebbe vedere il proprietario di una squadra Nfl, quando qualcuno non rispetta la nostra bandiera, dire: ‘Portate quel figlio di p…fuori dal campo ora, è licenziato’”.

Questo accade al di là dell’Atlantico. Come se in risposta ad una protesta di qualche giocatore di serie A colpito da insulti razzisti o episodi d’intolleranza, e ci sono stati sia gli episodi che le proteste, il nostro Mattarella colmo d’ira ne chiedesse il licenziamento.

Da noi evidentemente la prima reazione sarebbe l’invocazione del complotto a favore della rivale della squadra in cui il giocatore da cacciare milita. Per la serie ‘se il Presidente è dell’Inter e vuole cacciare un giocatore della Juventus è un complotto a favore del Napoli…’. Ma in America non si perdono dietro a queste sciocchezze e allora, se al primo giocatore si unissero compagni e avversari, Mattarella, quello di cui a fatica si sente la voce anche quando si alza il volume della tv e si chiude la finestra, sceglierebbe un bel palco con una folla da arringare (che è molto più viva ed emozionate delle fredde telecamere nello studio del Quirinale) per urlare, ciuffo bianco lui, che i giocatori sono dei figli di buona donna e devono essere cacciati. Per la cronaca, quasi tutti i giocatori di football americano o almeno una larga maggioranza sono afroamericani (neri per dirla più alla Trump) e i tifosi di tutto il mondo, tra un campione che gli fa vincere le partite e un presidente che fa l’ultras, scelgono il primo. Per nostra fortuna Mattarella nei panni dell’ultras non sarebbe nemmeno credibile.

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Alberto Francavilla