Ucraina, il premier Azamov si dimette: abrogate leggi anti-protesta

Le proteste a Kiev

KIEV  – Si intravede uno spiraglio di luce nel buio tunnel della crisi politica che sta sconvolgendo l’Ucraina. Martedì sono stati compiuti due importanti passi in avanti verso una soluzione pacifica. Ma non è ancora abbastanza. Le dimissioni del premier Mikola Azarov e l’abrogazione delle “liberticide” leggi anti-protesta sono vittorie importanti per gli antigovernativi, pacifici e non, ma non sono la spallata finale al potere che l’opposizione vuole e a cui gli insorti non hanno assolutamente intenzione di rinunciare.

Dietro le concessioni del presidente Viktor Ianukovich c’è la necessità di mettere fine alle azioni degli insorti, che hanno in pratica tolto al capo di Stato il controllo dell’ovest del Paese, occupando quasi tutti i consigli regionali della zona, e puntano ai palazzi del potere di Kiev con molotov, mazze e spranghe. Ma ci sono anche le pressioni di Ue e Usa.

Il vice presidente americano Joe Biden ha chiesto a Ianukovich di ritirare le forze antisommossa e collaborare con l’opposizione per ridurre le tensioni. E a “un processo politico inclusivo che porti a una via d’uscita dalla crisi” punta anche il commissario Ue all’Allargamento Stefan Fule, che stasera sarà raggiunto a Kiev anche dal capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton.

A rimanere irrisolta è la questione dell’amnistia. Ianukovich è disposto ad amnistiare gli antigovernativi, e l’aveva già anticipato ieri notte, ma a patto che vengano liberati tutti i palazzi pubblici occupati. E sono tanti. L’opposizione, però, vuole che la legge d’amnistia sia approvata “senza alcuna condizione preliminare”. E così domani il parlamento si riunirà di nuovo per cercare di sciogliere questo intricato nodo. I deputati, riuniti in sessione straordinaria, stamattina hanno osservato un minuto di silenzio per i morti negli scontri tra dimostranti e polizia (tre per le autorità, sei per i manifestanti).

Poi hanno abrogato le leggi anti-protesta con 361 voti a favore su 412 e solo due contro. Si trattava delle stesse leggi – approvate per alzata di mano e senza alcun dibattito in aula – che avevano portato la tensione alle stelle provocando le violenze nel centro di Kiev. La decisione del presidente Viktor Ianukovich di sacrificare il fedele Azarov non sorprende più di tanto. Il capo di Stato ha già offerto la poltrona di premier al capogruppo del partito dell’odiata Iulia Timoshenko, Arseni Iatseniuk, e quella di vice al ‘dottor Pugno di ferro’ Vitali Klitschko.

I due politici di spicco dell’opposizione hanno rifiutato perché non potrebbero governare se il parlamento rimanesse nelle mani del partito delle Regioni di Ianukovich e per questo continuano a chiedere elezioni presidenziali e parlamentari anticipate. Ma il capo di Stato non sembra avere alcuna intenzione di mollare, e delle concessioni le ha già fatte. Forse l’opposizione potrebbe decidere di accontentarsi, ma gli insorti non sembrano di quest’avviso e non è ben chiaro fino a che punto Iatseniuk, Klitschko e Tiaghnibok siano capaci di influenzare le ali più estremiste di una protesta nata come ‘europeista’ ma ormai diventata fondamentalmente antigovernativa e in cui i nazionalisti hanno un grosso peso.

A non volersi di certo accontentare è Iulia Timoshenko. Dall’ospedale di Kharkiv, dove è ricoverata in stato di detenzione per un’ernia del disco, la leader dell’opposizione ha esortato i manifestanti a continuare la lotta. “Non fermatevi! Andate avanti! – ha scritto – Solo la completa vittoria giustificherà i sacrifici”. Ma a tenere gli occhi addosso all’Ucraina c’è anche Putin, che ha fatto di tutto per scongiurare – finora con successo – la firma di un accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles e durante il vertice Ue-Russia di oggi è tornato a dirsi preoccupato per l’impatto economico dell’intesa.

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Elisa D'Alto