Uomo bianco, la festa è finita: tra 40 anni primi in ricchezza Cina e India. E l’Italia dopo Nigeria e Vietnam

Uomo bianco, la festa è finita: tra quaranta anni, dopo circa tre secoli, i più ricchi saranno gli “altri”. Per i cittadini europei, figli del ventesimo secolo, l’Europa e gli Stati Uniti sono da sempre il cuore, il motore e i leader dell’economia mondiale. Questo predominio del “mondo occidentale” è però una realtà destinata a sparire velocemente, oltre ad essere una realtà contingente e non immutabile dal punto di vista storico. Il mondo che abiteranno i nostri figli e nipoti, e in parte quello che conosceremo anche noi, vedrà una situazione completamente diversa.

Non sono previsioni fatte da qualche novello Nostradamus e nulla hanno a che fare con i Maya, è invece una fredda analisi economica fatta da una delle più quotate società di consulenza finanziaria della City londinese, la PricewaterhouseCoopers (PwC). Oggi tra i sette paesi più industrializzati del pianeta figurano, oltre agli Stati Uniti primi con ampio margine, anche la Germania (quinta economia mondiale), la Gran Bretagna (settima) e continuando a scorrere la top ten anche la Francia (ottava) e l’Italia (decima). Cinque nazioni “occidentali” nella prime dieci posizioni quindi ma, a metà del ventunesimo secolo, cioè tra soli quaranta anni, meno di due generazioni, solo tre di queste nazioni figureranno ancora in questa classifica con gli Stati Uniti sul gradino più basso del podio, surclassati da Cina e India, e la Germania e la Gran Bretagna fanalini di coda in nona e decima posizione.

E l’Italia? Per trovarla bisognerà scendere sino alla quindicesima posizione, dopo Turchia, Nigeria e Vietnam. La previsione fatta dagli analisti londinesi si basa su dati molto concreti e lascia poco spazio a interpretazioni divergenti. L’economia di Cina e India crescerà nei prossima anni con una media del 5,9% la prima e addirittura 8,1% la seconda, contro una crescita degli Stati Uniti e della Gran Bretagna stimata poco sopra al 2%.

Dell’Italia meglio non parlarne, le stime che riguardano il nostro paese ci assegnano un misero 1,4%. Il G7 del 2050 sarà quindi presieduto dalla Cina e dall’India, le vere superpotenze economiche del futuro, e vi parteciperanno con loro, nell’ordine, Usa, Brasile, Giappone, Russia e Messico. Questo capovolgimento porta con se degli interrogativi legati ai sistemi politici dei paesi che tra quarant’anni decideranno del nostro futuro. Il paese leader dell’economia mondiale non sarà una democrazia, ma un sistema totalitario come quello cinese.

Questo cambierà forse il modo di vedere il mondo ma, a quanto affermano gli stessi cinesi, non metterà a repentaglio la pace mondiale che è considerata dal paese di Mao come un prerequisito indispensabile per la crescita economica. In fondo questa previsione, se letta con gli occhi di uno storico, non è particolarmente sconvolgente. Sono già alcuni decenni che le economie dei cosiddetti paesi emergenti macinano ad un ritmo impensabile per il mondo occidentale, e anche il dato demografico rema nella stessa direzione. L’unica soluzione per mantenere un ruolo chiave sarebbe quella di unire le singole economie europee per creare una supereconomia perché, come diceva Totò, “è la somma che fa il totale”.

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