Usa: Democratici e repubblicani valutano se e come estendere i tagli fiscali di Bush

Il Congresso degli Stati Uniti

Per anni i democratici si sono impegnati a lasciar scadere l’anno prossimo le riduzioni fiscali per i più ricchi introdotte nel 2001 dall’ex-amministrazione di George Bush, ma l’avvicinarsi delle elezioni di medio-termine a novembre e il fragile stato dell’economia potrebbero complicare le cose al Congresso, a quanto scrive il New York Times.

I tagli fiscali del 2001 sarebbero invece estesi a tutti, ovvero al 98 per cento delle famiglie in cui i coniugi guadagnano meno di 250 mila dollari l’anno e agli individui con un reddito inferiore a 200 mila dollari.

La Casa Bianca e i democratici al Congresso hanno valutato l’opportunità di limitare una estensione dei popolari tagli a un anno o due nella speranza che nel frattempo possano avere il tempo di revisionate il sistema fiscale. Ciò avrebbe l’effetto – almeno sulla carta – di far apparire di minore entità i previsti vasti deficit nei tempi lunghi, una importante considerazione politica quando il debito nazionale sta crescendo a livelli che molti economisti considerano pericolosi.

Nonostante le affermazioni del presidente Barack Obama e del suo partito riguardo alla fine dei tagli fiscali di Bush, mantenere l’impegno potrebbe dimostrarsi più difficile per parlamentari provenienti da stati o distretti a maggioranza repubblicana. I repubblicani stanno infatti ritirando fuori una linea di pensiero che a volte si è dimostrata efficace, anche se controversa: ovvero che i contribuenti ricchi includono spesso anche piccole imprese i cui proprietari pagano le tasse come individui.

La notizia di questa settimana secondo cui un influente gruppo di economisti è diviso nel valutare se la recessione è davvero finita rafforza le tesi dei repubblicani, i quali dicono che riportare per i ricchi le tasse a livelli pre-2001 equivarrebbe ad un massiccio aumento fiscale che metterebbe a repentaglio l’economia.

La posta in gioco per gli introiti federali è enorme, al punto che certi economisti e analisti vorrebbero la fine  di tutte le riduzioni fiscali dopo quest’anno. Por termine ai tagli per i ricchi arrecherebbe al governo entro il 2020 introiti pari 678 miliardi di dollari, mentre mantenere le riduzioni per tutti significherebbe rinunciare ad introiti pari a oltre un trilione nello stesso periodo.

Il deputato democratico del Michigan Sander Levin, presidente del House Ways and Means Committee, ha dichiarato che i democratici sarebbero favorevoli ad estendere i tagli fiscali, ma non per i ricchi. ”E’ una questione di equità”, ha detto, ed ha aggiunto: ”Credo che l’ultimo decennio sia stato molto redditizio per famiglie ad alto reddito, mentre per il contribuente medio è stato un periodo di stagnazione”.

Quanto ai repubblicani,il senatore Judd Gregg del New Hampshire, il repubblicano anziano nel Senate Budget Committee, ha detto che la loro posizione ”è estendere le riduzioni a tutti”. In una intervista, Gregg ha detto che i tagli fiscali hanno incoraggiato la creazione di capitale, l’attività economica e la crescita dell’occupazione, almeno fino all’inizio della recessione alla fine del 2007. ”Aumentare le tasse, specialmente mentre si sta uscendo da una recessione, non farebbe altro che ostacolare la crescita economica”.

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lgermini