WASHINGTON, STATI UNITI – Il mese scorso il senatore pro-armi Mark Begich, democratico dell’Alaska, telefonò al presidente Obama proponendogli un «piccolo scambio» proficuo per entrambi. «Chiedi al tuo nuovo segretario dell’Interno, Sally Jewell, di rimuovere il divieto contro la costruzione della strada nell’oasi protetta dell’Izembek National Wildlife Refuge e io voterò a favore della riforma della legge sulle armi».
Ansioso di vincere una delle scommesse più difficili del suo secondo mandato, Obama acconsentì. Ma quattro settimane più tardi, il 18 aprile, Begich ha pugnalato alle spalle il suo presidente, unendosi agli altri quattro democratici che hanno fatto naufragare il sogno obamiano di dare all’America una legge sul divieto della vendita di armi d’assalto.
Il voltafaccia di Begich è rimasto impunito, e la Jewell andrà in Alaska per mostrare ai suoi elettori che è riucita a far costruire la strada. L’inciucio non è quindi solomonopolio della politica italiana.
Sulla questione dele armi interviene la columnist del New York Times Maureen Dowd, secondo la quale «La sconfitta della riforma è la prova schiacciante della debolezza di Obama», accusando il presidente di «non avere imparato come si fa a governare». Un articolo pubblicato sulla prima pagina dello stesso giornale è altrettanto caustico. «Se Obama non può tradurre il sostegno del 90% del pubblico in una vittoria a Capitol Hill, quali riforme può aspettarsi di realizzare nei restanti tre anni e mezzo del suo mandato?».