Usa-Myanmar. Segni di disgelo, Obama invia la Clinton in missione

Aung San Suu Kyi

BALI, INDONESIA – I positivi cambiamenti in atto a Myanmar ad opera del nuovo governo del presidente U Thein Sein, che fanno intravvedere la possibilità di una parziale riduzione delle restrizioni alle libertà individuali e di una collaborazione con il capo dell’opposizione e premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Ky, relegata per 15 anni agli arresti domiciliari e liberata a novembre dello scorso anno, hanno indotto il presidente americano Barack Obama a decidere di inviare nel Paese il mese prossimo il segretario di stato Hillary Clinton, a quanto riferisce l’Associated Press.

La decisione di Obama è uno sviluppo significativo nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Myanmar (la ex-Birmania), che per decenni ha patito sotto il tallone di brutali giunte militari. L’invio della Clinton è motivato, ha detto il Capo della Casa Bianca, ”da bagliori di progressi” da quando il governo civile è andato al potere lo scorso marzo. ”Se la Birmania proseguirà sulla strada delle riforme democratiche potrà stabilire nuove relazioni con gli Stati Uniti d’America”, ha detto Obama durante il suo viaggio in Asia per il vertice dell’ Associazione dei Paesi del Sudet Asiatico (ASEAN) a Bali.

La Clinton sarà il primo segretario di stato americano a visitare Myanmar da 50 anni. Prima di decidere la missione, Obama ha voluto accertarsi di avere l’appoggio di Suu Kyi, che i militari hanno tenuto agli arresti domiciliari per 15 anni ma che ora sta avendo colloqui col governo civile sui modi e su tempi per riformare il Paese. In un altro segno di inizio di distensione, la maggioranza dei delegati del  partito di Su Kyi, la Lega per la Democrazia, si sono espressi a favore di una nuova registrazione ufficiale del partito, un anno e mezzo dopo che il regime lo aveva disciolto.

Con l’invio della Hillary, rilevano gli osservatori, Obama corre un rischio calcolato in un Paese dove la repressione è tuttora diffusa. Il presidente ha avvertito i leader di Myanmar che se non procederanno nel percorrere la strada verso la democrazia continueranno ad essere isolati e colpiti dalle sanzioni. Ma ha aggiunto che l’attuale stato di cose rappresenta una rara possibilità di aiutare milioni di persone, e che ”questa possibilità è troppo importante per essere ignorata”.

Myanmar è soggetta ad una vasta gamma di sanzioni economiche e politiche da parte degli Stati Uniti ed altri Paesi occidentali, imposte dopo le sanguinose repressioni del 1988 e del 2007 ed a causa del rifiuto dei militari di cedere il potere a Suu Kyi dopo la travolgente vittoria del suo partito alle elezioni del 1990. 

 

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lgermini