WASHINGTON, STATI UNITI – Gli sbagli, o peggio ancora il doppio gioco, si pagano, e a causa della assolutamente non chiara vicenda della permanenza per anni in villa in Pakistan di Osama Bin Laden, del tutto indisturbato da militari nei paraggi o servizi segreti (ISI) a dir poco inaffidabili, il presidente Barack Obama potrebbe decidere di mostrare il suo malcontento annullando la promessa visita a Islamabad. Nulla è stato ancora deciso, riferisce l’Associated Press, ma per la Casa Bianca si tratta di un bel grattacapo.
Nello scorso autunno Obama aveva promesso la visita entro il 2011 al presidente pakistano Asif Ali Zardari, anche per bilanciare il progettato viaggio in India, acerrima nemica del Pakistan (entrambi potenze nucleari), ma poi è successo quel che è successo quando la Cia si è accorta che il capo di Al Qaeda viveva tranquillo e in bella vista proprio in Pakistan, tra l’altro nei pressi di Abbottabad, una città ad una cinquantina di km da Islamabad brulicante di militari. E gli americani hanno cominciato a chiedersi come questo è potuto accadere senza lo zampino dell’ISI.
Visita sì, visita no è un grattacapo per la Casa Bianca perchè – ha rilevato un’analista – ”qualunque cosa decida avrebbe ripercussioni negative”. La visita avrebbe un enorme importanza strategica e simbolica per entrambi i Paesi. Obama a Islamamabad indicherebbe che la difficile, ma necessaria, relazione col Pakistan, prosegue, soprattutto perchè il Paese, confinante con l’Afghanistan, è parte integrante della lotta al terrorismo, ma anche perchè svolgerà un ruolo-chiave quando gli americani cominceranno a lasciare l’Afghanistan.
Annullare la visita sarebbe sicuramente visto da Islamabad come un palese segno di sfiducia nella capacità di combattere i militanti entro i suoi confini, del resto già constatata, come ha rilevato John Brennan, primo consigliere di Obama nella lotta al terrorismo, con la indisturbata permanenza in Pakistan di bin Laden. Allora, come spesso accade quando si devono prendere decisioni difficili, la soluzione ”è non fare niente”. Ovvero, come suggerisce Karl Inderfurth, ex-vice-segretario di stato ai tempi del presidente Bill Clinton, non prendere alcuna decisione in un senso o nell’altro fino a quando le tensioni bilaterali scoppiate dopo la morte del capo di Al Qaeda non si sono allentate.
Gli Stati Uniti hanno speso per anni miliardi di dollari nel tentativo di ottenere dal Pakistan maggiore collaborazione nella lotta al terrorismo, offrendo aiuti alle sue forze armate ed a uomini politici vicini alle posizioni americane. Ma Washington non è mai stata del tutto convinta che quei soldi fossero ben spesi, e soprattutto che i servizi segreti fossero affidabili, dubbi che dopo l’attacco al rifugio di bin Laden non hanno fatto che aumentare.
Al Congresso di Washington, deputati e senatori si domandano l’ovvio, dandosi prevedibili risposte. Il fatto che il capo di Al Qaeda abbia potuto vivere tranquillo e sicuro in Pakistan per anni mentre l’intero, enorme apparato di intelligence americano lo cercava dappertutto inducono a ritenere che il Pakistan è un partner di cui è pericoloso fidarsi. Conseguenza: tra i parlamentari c’è chi dice che è ora di finirla di passare al Pakistan 1,3 miliardi di dollari l’anno in aiuti di vario genere.
Con l’aria che tira, il capo dell’ Isi, generale Shuja Pasha, si è affrettato a recarsi a Washington nel tentativo di spiegare la posizione di Islamabad sulla presenza di bin Laden nel paese prima che fosse ucciso in un blitz statunitense il 2 maggio. Pasha ha deciso di intraprendere questo viaggio per cercare di mettere fine ai sospetti esistenti negli Usa nei confronti del Pakistan, dopo l’ammissione da parte delle autorita’ militari pachistane del fallimento (voluto?) da parte dell’Isi nel localizzare la presenza del capo di Al Qaida vicino ad una importante installazione dell’esercito.
Ma la visita a Washington di Pasha potrebbe ottenere poco. Il sito on line The Daily Beast, che e’ legato al settimanale Newsweek, sostiene che l’esonero di Pasha dalla guida dell’Isi ”e’ solo questione di tempo”. C’è poi un’altra questione: i militari pachistani, che sono la spina dorsale della sicurezza del Pakistan, non sono stati neppure in grado di intercettare gli elicotteri americani che hanno violato lo spazio aereo nazionale per raggiungere il rifugio di bin Laden ed ucciderlo. Non del tutto a torto, certi media americani si chiedono allora se avere il Pakistan come partner ”sia più o meno pericoloso che allearsi con un serpente a sonagli”.