NEW YORK – Il tribunale di Chicago, nell’Illinois, ha riconosciuto colpevole l’ex governatore democratico Rod Blagojevich di avere cercato di cedere in cambio di denaro il seggio di senatore che Barack Obama aveva dovuto lasciare nel 2008, dopo che fu eletto presidente degli Stati Uniti.
Blagojevich, 54 anni, è stato riconosciuto colpevole di 17 capi di accusa su 20. Tra questi, oltre alla corruzione, la frode bancaria e il tentativo di estorsione.
Blagojevich, secondo la Corte, ha anche abusato della sua posizione di governatore per ottenere in modo illecito fondi per la propria campagna elettorale.
Il fatto che lo ha portato dietro le sbarre, finora solo per le poche ore necessarie per versare il milione di dollari di cauzione, risale al 2008: in quanto governatore dello Stato, toccava a Blagojevich scegliere il successore di Obama, che primadi diventare presidente era uno dei due senatori dell’Illinois. La giuria ha creduto alla tesi della pubblica accusa, che Blagojevich lo ha fatto cercando di scatenare attorno al seggio una vera e propria asta.
Secondo la procedura penale americana, ora che la giuria ha stabilito la colpevolezza dell’imputato, la pena verrà stabilita in un secondo tempo dal giudice: Blagojevich rischia fino a 300 anni di carcere. Nel 2008, allo scoppiare dello scandalo, il governatore aveva dovuto lasciare il potere al termine di una procedura parlamentare di impeachment.
La vicenda, che ha sfiorato con un’ombra imbarazzante lo stesso Obama, sarebbe un semplice episodio di corruzione politica americana, talmente tanti che i giornali italiani nemmeno se ne accorgono, se non fosse che, data anche l’importanza e la notorietà dei nomi tirati in ballo, il processo si è trasformato in un illuminante e assai educativo scorcio sul funzionamento della macchina politica americana.
A verdetto appena emesso, mentre la moglie scoppiava in lacrime, Blagojevich si è limitato a dire: “Sono allibito, dovremo spiegare tutto questo ai nostri figli”. Per una settimana ha parlato in aula tutti i giorni. A nulla gli è valso lo sforzo con cui ha cercato di confutare le registrazioni e smantellare una ad una le accuse nei suoi confronti.
Quello che ha portato alla condanna dell’ex governatore è il secondo processo ai suoi danni che si celebra in poco più di un anno. Nella prima occasione, però, la giuria non era riuscita a raggiungere un accordo e Blagojevich era stato condannato “solo” per falsa testimonianza. Pena per cui, fino ad oggi, rischiava una condanna massima comunque non lieve, di cinque anni di carcere.
Un fattore chiave nella condanna dell’ex governatore è stato quello delle intercettazioni telefoniche: diverse ore di telefonate in cui Blagojevich in più di una circostanza definisce un “fottuto affare d’oro” quello del seggio lasciato da Obama, un “affare da cui non ho nessuna intenzione di uscire senza nulla in mano”.
Obama e “Blago”. Lo stesso Obama, in un primo momento, è stato in qualche modo sfiorato dal caso. “Blago” come lo definiscono i quotidiani di Chicago, al momento di piazzare il seggio ha infatti parlato anche con Emanuel Rahm, capo dello staff di Obama, della destinazione del seggio. Ne è nata un’inchiesta interna che, però, sembra aver dimostrato la sostanziale estraneità di Obama ai fatti.
Negli Usa, però, sono in tanti i repubblicani che non la pensano così. E sui rapporti tra Obama e Blagojevich sono state scritte, in rete, migliaia di pagine. Solo per fare un esempio esiste un blog, evidentemente di area repubblicana e dal nome rivelatore “Obamaandblago.com”. Anche perché, durante il processo, Blagojevich avrebbe voluto tra i testimoni proprio il presidente degli Stati Uniti. Richiesta non accordata.
Una poltrona maledetta. Blagojevich, nella storia dell’Illinois è il quarto governatore a finire la carriera dietro le sbarre. Un notevole cambiamento, scrisse l’anno scorso il New York Times, per un politico che ha vinto la sua prima corsa elettorale nel 2002 dipingendosi come un riformatore che avrebbe ripulito la politica statale dopo che il suo predecessore, il repubblicano George Ryan, era finito in carcere con l’accusa di corruzione. Decisamente, quella di governatore dell’Illinois non sembra essere una poltrona fortunata. Blago rischia 300 anni, Ryan ne sta scontando sei e mezzo. L’attuale governatore, il democratico Patt Quinn è avvisato.
Sempre a proposito di poltrone: su quella del Senato che Blagojevich voleva vendere alla fine c’è finito un repubblicano. Si tratta di Mark Kirk che della sentenza ha detto: “Ci ricorda che nessuno è al di sopra della legge”.
E in Italia? Trasferita nel nostro Paese la vicenda Blagojevich suscita più di uno spunto di riflessione. C’è lo scandalo del politico corrotto ma c’è soprattutto la questione intercettazioni e lo scontro tra giustizia e politica. Solo che tutto, o quasi, va al contrario. Negli Usa è un pm “di destra”, il repubblicano Patrick J. Fitzgerald (a caldo ha definito la sentenza un “momento agrodolce”) ad aver insistito per ottenere il doppio processo, e sul banco degli imputati c’era un astro nascente della sinistra democratica. Quanto alle intercettazioni, sono state il cuore della battaglia processuale. Nessuno, però, ha pensato di non ammetterle o limitarle: la lotta tra gli avvocati è stata tutta di interpretazione delle parole di Blago. Sui giornali, però, le intercettazioni sono arrivate durante il processo.
Un’ultima differenza con l’Italia salta subito agli occhi: nel 2008, quando scoppiò lo scandalo, la House dell’Illinois votò sull’incriminazione di Blagojevich. Risultato? 114 voti a favore, uno contrario. Nel dubbio, insomma, la politica fa un passo indietro e lascia che il politico imputato dimostri la sua innocenza in aula. Se ci riesce.