WASHINGTON, STATI UNITI – La notte del 17 giugno del 1972, cinque finti ”idraulici” furono arrestati mentre scassinavano l’ingresso degli uffici del partito democratico a Washington, nel palazzo di uffici del centro Watergate.
Sono ormai passati esattamente 40 anni, ma l’America ancora si interroga sullo scandalo che ne scaturi’, e che due anni dopo porto’ per la prima e unica volta nella storia degli Stati Uniti alle dimissioni un presidente, Richard Nixon.
Le risposte che oggi forniscono Carl Bernstein e Bob Woodward, i due giornalisti del Washington Post che rivelarono al mondo i segreti di quella intricata vicenda sono spietate: la Casa Bianca di Nixon fu ”una impresa criminale” e il 37/mo presidente ”fu molto peggio di quanto pensassimo”, come hanno scritto in questi giorni.
Nixon ottenne poi il perdono presidenziale dal suo successore Gerald Ford per tutti i crimini che aveva commesso o che avrebbe potuto commettere durante il suo mandato, mentre una cinquantina di suoi collaboratori furono condannati. Ma non tutto e’ stato chiarito, e alcuni giorni fa il Dipartimento della Giustizia si e’ detto contrario alla diffusione di registrazioni e documenti segreti che potrebbero gettare nuova luce sulla vicenda.
Il giorno della morte di Nixon, il 22 aprile del 1994, l’allora presidente Bill Clinton a sorpresa ordino’ che tutte le bandiere sugli edifici pubblici dell’unione sventolassero a mezz’asta e affermo’ che era morto ”un patriota, un uomo di grande intelligenza e tenacia; che ha commesso errori ma la cui vita politica dovra’ essere giudicata nella sua interezza”.
E a lavorare per fornire gli elementi affinche’ il giudizio della storia sul suo operato non sia concentrato solo sullo scandalo Watergate e’ stato, fino all’ultimo, lo stesso Nixon, che si e’ occupato con grande dedizione alla biblioteca-museo che porta il suo nome, nei pressi di Los Angeles. Ma tra le cose che Bernstein e Woodward gli rimproverano, c’e’ proprio l’aver condotto ”una guerra contro la storia”, tentando ”instancabilmente di minimizzare lo scandalo”.
Ma non solo. Nei suoi cinque anni e mezzo di presidenza, secondo i due giornalisti, Nixon ha lanciato e condotto guerre sovrapposte contro il movimento che si opponeva alla guerra del Vietnam, contro i media, il partito democratico, il sistema della giustizia. Lo Scandalo Watergate fu quindi di fatto ”uno sfacciato e audace assalto condotto da Nixon contro il cuore della democrazia americana: la Costituzione, il nostro sistema di libere elezioni, lo stato di diritto”.
Secondo i due giornalisti, il cui lavoro fu premiato con il premio Pulitzer, Nixon ”perse l’autorita’ morale di presidente” e le registrazioni segrete dei suoi colloqui e cio’ che rivelarono ”probabilmente saranno la sua piu’ duratura eredita”’. Nel suo blog su Huffington Post, Nancy Wurtzel nota che storici e giornalisti stanno ancora passando al setaccio montagne di carte e nastri della presidenza Nixon. Per capire davvero cosa fu lo scandalo Watergate, a suo dire, 40 anni non sono sufficienti, la storia richiede un secolo o piu’, per avere una necessaria adeguata prospettiva.
Di certo, secondo molti linguisti, un’eredita’ c’e’ pero’ gia’ ben visibile sui giornali, dove ogni scandalo si guadagna immancabilmente il suffisso ‘gate’. E’ stato, ad esempio, il caso di Clinton con il Monicagate, ma l’usanza ha varcato anche gli oceani e pure in Italia c’e’ stato ad esempio il Rubygate. Martha Brockenbrough, fondatrice della ‘Society for the Promotion of Good Grammar’, sostiene che il fenomeno ”rivela qualcosa: ci sono stati negli ultimi 40 anni scandali che ci hanno dato un nuovo modo per far riferimento a qualcosa di scandaloso?” la risposta e’ no. ”Il Watergate resta scolpito nella pietra ed è unico nella nostra storia”.
Come dire che il Watergate e’ ormai da anni per gli americani, e non solo per loro, l’essenza stessa dello scandalo politico, e Nixon resta una sorta di incarnazione del male.