I legali del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, sono pronti ad affrontare una eventuale incriminazione negli Stati Uniti per spionaggio. La prevedono ”imminente”, ma sottolineano fin d’ora di ritenerla ”incostituzionale”. E’ quanto ha detto oggi all’americana ABC una degli avvocati di Assange, Jennifer Robinson.
”La nostra posizione è che l’ accusa (di spionaggio, basata sull’Espionage Act del 1917, ndr) non rientri nel caso di Assange” ha detto la legale. Assange in quanto direttore ed editore di Wikileaks è a suo avviso protetto dal Primo Emendamento della Costituzione americana, che garantisce appunto libertà di espressione e di stampa.
Nel caso di Assange ”ogni incriminazione basata sull’Espionage Act dovrebbe essere considerata incostituzionale” ha affermato la legale, secondo la quale se dovesse passare la tesi dello spionaggio, ”allora sarebbero a rischio tutti gli organismi d’informazione degli Stati Uniti”.
Oggi il Dipartimento di Giustizia non ha voluto commentare queste dichiarazioni. Ma nei giorni scorsi il ministro della Giustizia, Eric Holder, era stato chiaro: sulla vicenda Wikileaks – aveva detto – sono in corso ”azioni significative” per valutare la possibile incriminazione di Assange ”non solo nell’ambito dell’Espionage Act”. Holder non aveva aggiunto dettagli, ma aveva affermato che con la fuga di notizie ”sono state messe a rischio le vite di persone che lavorano per il popolo americano”. ”Siamo di fronte a un’indagine molto seria, ed e’ di natura criminale”, aveva aggiunto.
Alla luce di questa posizione, secondo osservatori americani il Dipartimento di Giustizia starebbe per procedere nei confronti di Assange non solo per spionaggio, ma anche per ”furto” di materiale riservato, e valutando altri possibili reati che vanno dalla rivelazione di segreti di Stato al procurato allarme e al procurato pericolo.
Sia il Pentagono sia il Dipartimento di Stato hanno sempre ribadito di voler andare ”fino in fondo” alla vicenda, ”perche’ e’ stata messa a rischio la vita di persone e di operazioni”. Nello stesso tempo, però, sia il ministro della Difesa, Robert Gates, sia il segretario di Stato, Hillary Clinton, hanno sempre minimizzato gli effetti provocati da Wikileaks sulla politica estera Usa. ”Molto modesti” ha detto Gates.
E oggi la Casa Bianca ha quasi scherzato sulla vicenda: ”La politica estera americana non è certo indebolita da un uomo con un laptop’‘ ha commentato il portavoce, Robert Gibbs. L’amministrazione Obama, poi, intende valutare con attenzione l’impatto che un eventuale processo ad Assange potrebbe avere sull’opinione pubblica.
Sono infatti molte le istituzioni e le associazioni in America che si sono espresse a favore di Wikileaks, a cominciare dal Comune di Berkeley e dalla prestigiosa Columbia University, per le quali Assange ha esercitato il suo diritto alla libertà di stampa, e dunque può legittimamente rifarsi al Primo Emendamento.