Il sito dell’ Interpol è stato bucato dagli hacker che difendono l’operato di Wikileaks. Quello che doveva essere un insabbiamento si sta piano piano trasformando in una vera e propria guerra informatica con gli hacker pronti a dar battaglia pur di ripristinare il sito di Wikileaks da una parte e dirottare i siti governativi dall’altra.
Continuano in ogni caso le nuove rivelazioni della creatura di Assange. Questa volta si parla di Gheddafi, dei missili, della Tunisia e dei rapporti Siria-Iran.
Le minacce di Gheddafi a Londra. LaGran Bretagna spaventata dalle minacce ai suoi interessi da parte del leader libico. Il governo britannico diede il nulla osta alla liberazione di Abdelbasset Ali Al-Megrahi, l’unico condannato per la strage di Lockerbie (270 morti nell’esplosione nei cieli scozzesi di un aereo Pan Am nel 1988) dopo che da Tripoli erano arrivate minacce di rappresaglie ”dure e immediate” se Megrahi fosse morto in una prigione scozzese. Lo riportano i media britannici sulla base dei cablogrammi segreti diffusi da Wikileaks.
Il leader libico Muammar Gheddafi fece minacce esplicite e ”da bullo”: avrebbe bloccato gli scambi commerciali con il Regno Unito e dato problemi allo staff dell’ambasciata se Megrahi fosse rimasto in cella. Allo stesso tempo ”una carrellata di minacce” fu fatta dalla Libia alla Scozia se il governo scozzese non avesse ceduto. Nell’estate 2009 i britannici erano ”in una posizione scomoda”, tra ”una roccia e una pietra”, scrisse l’incaricato d’affari americano a Londra Richard LeBaron in un cablogramma a Washington: ”I libici hanno parlato esplicitamente di ‘enormi ripercussioni’ nei rapporti bilaterali se la faccenda del rilascio di Megrahi non si fosse conclusa come si deve”. Nei cablogrammi del Dipartimento di Stato sulla Libia si parla anche di varie eccentricità di Gheddafi, tra cui la sua paura di volare sull’acqua e di salire oltre al piano terra di un edificio. Megrahi, che è tuttora vivo, fu liberato nell’agosto 2009, in apparenza perché in punto di morte per un cancro terminale alla prostata.
Hezbollah possiede 50 mila missili. La Corea del Nord vende missili e tecnologia militare a Iran e Siria, che finiscono nelle mani di Hezbollah in Libano, Hamas a Gaza e gruppi armati in Iraq. A rivelarlo sono alcuni cablogrammi inviati dal Dipartimento di Stato e dalle ambasciate americane in diversi Stati del Medio Oriente riportati dai media partner di Wikileaks, tra cui lo spagnolo El Pais e l’americano New York Times.
Dai documenti – si legge sul giornale madrileno – si può evincere che alla radice del traffico di armi tra i Paesi arabi più radicali ”c’è il programma missilistico della Corea del Nord”. In un cablogramma del 6 ottobre 2009 inviato dal Dipartimento di Stato si evidenzia, ad esempio che ”la Siria è un altro dei clienti chiave della Corea del Nord, che ha fornito Damasco di missili Scud-C con un raggio di 500 chilometri e di tecnologia” per estendere il raggio d’azione a ”700 chilometri”.
La Tunisia corrotta. Secondo l’ambasciatore americano a Tunisi, in dispacci del giugno 2008 e del luglio 2009 pubblicati da Wikileaks, in Tunisia la ”corruzione cresce” e la famiglia del presidente Ben Ali e’ ”definita spesso una quasi-mafia, basta dire Famiglia per far intendere a chi ci si riferisce”. Nel capitolo dedicato alla ”Democrazia e ai diritti umani”, si nota che ”Francia e Italia evitano pressioni sul governo di Tunisi”.
I cable sono datati 23 giugno 2008 e 17 luglio 2009, entrambi dall’ambasciatore Usa a Tunisi, Robert F. Godec. Nel primo, si osserva che nel Paese “anche se brucia la piccola corruzione, sono gli eccessi della famiglia del presidente che oltraggiano i tunisini”. Si cita poi il rapporto Transparency International del 2007: per la Tunisia si parla di “corruzione in peggioramento”. “Tutto in famiglia”, si intitola poi il capitolo dedicato al presidente: “E’ spesso citata come il nexus (connessione) della corruzione tunisina. Spesso citata come una quasi-mafia, dire ‘La Famiglia” basta per intendere a chi ti riferisci”, dice l’ambasciatore americano, che prosegue poi a dettagliare i legami economici della “Famiglia”, tra i quali è la moglie di Ben Ali “a creare le maggiori ire”.
La Siria all’Iran sulla guerra in Israele. La Siria avrebbe informato a suo tempo l’Iran di non essere disposta a farsi coinvolgere direttamente in una guerra con Israele nell’eventualita’ che questa dovesse scoppiare in seguito a un attacco dello Stato ebraico contro le installazioni nucleari di Teheran. Lo rivelano informazioni raccolte in ambienti politici siriani dall’ambasciata Usa a Damasco e trapelati oggi – attraverso Wikileaks – sul giornale israeliano Yediot Ahronot. Le informazioni sono contenute in un dispaccio riservato dell’ambasciata datato 20 dicembre 2009. Secondo il documento, la posizione siriana sarebbe stata comunicata all’inizio di quello stesso mese a una delegazione iraniana giunta a Damasco per rinsaldare l’alleanza e sollecitare un qualche impegno della Siria nel caso di un attacco di Israele all’Iran: attacco rispetto al quale a Teheran si afferma di ritenere che ”non sia questione di se, ma di quando”.
Per tutta risposta, la leadership siriana avrebbe pero’ avvertito gli ospiti di non aspettarsi una partecipazione delle forze siriane (ne’ delle milizie sciite libanesi di Hezbollah o degli islamico-radicali palestinesi di Hamas) a un eventuale conflitto con gli israeliani, trincerandosi dietro l’omaggio alla forza di Teheran. L’Iran, pare sia stato il messaggio, ”e’ forte abbastanza” per difendere il suo programma nucleare ed eventualmente combattere contro Israele. Non solo: la Siria – rinfocolando il malumore fra gli iraniani – avrebbe escluso anche una propria partecipazione alle ostilita’ in caso di nuova guerra in Libano fra gli israeliani e Hezbollah.