“Alle donne si perdona il conflitto d’interessi”, Marcello Zacché sul Giornale

"Alle donne si perdona il conflitto d’interessi", Marcello Zacché sul Giornale"Alle donne si perdona il conflitto d’interessi", Marcello Zacché sul Giornale
“Alle donne si perdona il conflitto d’interessi”, Marcello Zacché sul Giornale

ROMA – “Se il conflitto di interessi non vale per la Marcegaglia”, questo il titolo dell’articolo a firma di Marcello Zacché sul Giornale:

Il diffuso entusiasmo per le prime nomine dell’era Renzi fa passare vari te­mi in secondo piano. O li cancella del tutto. Tra que­sti c­i sono le questioni di op­portunità che alcune di que­ste nomine portano in do­te.

Chiamiamoli come vo­gliamo o anche con il loro nome: conflitti d’interesse. Si tratta di quella circostan­za per cui il legittimo inte­resse privato di chicches­sia entra in competizione con l’altrettanto legittimo interesse, privato o pubbli­co, che la stessa persona rappresenta per nome o per conto di qualcosa di al­tro, di qualcun altro o di una collettività di indivi­dui, come è una società pubbli­ca o quotata in Borsa.

Prendiamo le due neopresi­denti di Eni e Poste, Emma Mar­cegaglia e Luisa Todini. Politica­mente è par condicio: la prima siede nel cda Rai in quota ex Pdl e già a vent’anni era una delle prime candidate di Forza Italia; la seconda, da presidente della Confindustria, è stata una delle cause della caduta del governo Berlusconi nel 2011. Entrambe sono o sono state imprenditrici nei loro imperi di famiglia. E qui c’è da chiedersi con quale sere­nità potranno svolgere il loro ruolo e soprattutto con quale sentimento lavoreranno da og­gi tutti coloro che, avendo a che fare con Eni o Poste, avranno an­che affari in piedi con Marcega­glia spa o con i Todini.

Il gruppo Marcegaglia è un co­losso mondiale dell’acciaio, con 5 milioni di tonnellate di produzione annua, 7mila di­pendenti in 43 stabilimenti su tutto il pianeta, per 4 miliardi di ricavi. Si occupa anche di co­struzioni, turismo, real estate (ha appena rilevato la Gabetti) e, per l’appunto, energia. Della quale, naturalmente, è anche un consumatore inesauribile. E a conferma dei rapporti fitti, ine­vitabili, tra gruppo e produttori di energia c’è addirittura, nel 2008, un patteggiamento di 11 mesi concesso al fratello di Em­ma, l’ad del gruppo Antonio Marcegaglia, per un’accusa di tangenti proprio a una società del Cane a sei zampe, l’Eni­power. Un fatto che di per sé non toglie nulla alle qualità del­la Marcegaglia, che ha senz’al­tro l’esperienza e le relazioni an­che internazionali per il vertice Eni. Purtuttavia resta da chie­dersi se una presidenza di tale ri­lievo non rischi di esercitare un certo peso in determinate tratta­tive private del gruppo manto­vano con clienti o fornitori cor­relati. Sappiamo bene che il pre­sidente non è operativo, non è il capo azienda. Ma ci pare uno di quei casi in cui la forma diventa sostanza.

Diverso è il caso di Todini. La società fondata da Franco Todi­ni, dal 2010 fa parte del gruppo Salini Impregilo, che ne ha rile­vato poi il 100% e ora lo ha mes­so in vendita. Todini Costruzio­ni è attiva ovunque con grandi opere, vale intorno al mezzo mi­liardo di ricavi e ha scelto Salini per rafforzarsi ulteriormente nelle commesse, specie interna­zionali. Luisa non ha dunque un interesse diretto nella socie­tà ormai ex di famiglia. Anche se nelle holding a monte resta­no attività legate alle costruzio­ni e le Poste, sempre più gruppo finanziario e meno francobolli, possono rappresentare un im­portante interlocutore. Ma il conflitto è anche un altro: quel­lo di una visibilità che, insieme alle relazioni, pare oggi essere il principale volano delle quote rosa, indipendentemente dalle specifiche competenze. Una vi­sibilità che rischia in ogni mo­mento di non essere più, o non essere solo nell’interesse dell’ azienda che si rappresenta, ben­sì in quello della crescita di una credibilità privata o personale nei confronti delle banche, dei clienti, dei fornitori piuttosto che dei cacciatori di teste.

 

Published by
FIlippo Limoncelli