Ambrogio Crespi, Il Giornale: “Sette mesi in galera ma l’accusatore era uno squilibrato”

Ambrogio Crespi, Il Giornale: “Sette mesi in galera ma l’accusatore era uno squilibrato”

ROMA “Sette mesi in galera ma l’accusatore era uno squilibrato”, è la storia di Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista Luigi, raccontata da Luca Fazzo del Giornale:

Non è solo un mitomane, un millantatore com­pulsivo. È anche un matto. Lo dice lui, lo dicono gli psichiatri. Eppure Eugenio Co­stantino ha incarnato e incarna tuttora per la giustizia il cupo volto dello sbarco della ’ndran­gheta negli affari e nella politi­ca al Nord, a dispetto del suo passato da faccendiere squat­trinato. Le intercettazioni delle sue fantasiose chiacchierate so­no alla base della retata che la Procura milanese condusse nell’ottobre 2012 contro i pre­sunti protagonisti della temibi­le commistione: tra cui il consi­gliere regionale Domenico Zambetti, che nella sua caduta travolse con sé la giunta Formi­goni, e Ambrogio Crespi, fino a quel giorno noto soprattutto co­me fratello di Luigi, un tempo sondaggista di fiducia di Silvio Berlusconi. E anche adesso che la pazzia di Costantino è certificata ufficialmente dagli psichiatri il processo per asso­ciazione a delinquere di stam­po mafioso resta lì, perso nelle pastoie e nei pasticci, a pende­re sulla testa di Crespi e degli al­tri imputati. È uno strano processo, an­che perché è un processo che nessuno vuole fare. La Procura aveva ottenuto il rinvio a giudi­zio davanti al tribunale, ma l’anno scorso il tribunale deci­se che essendoci di mezzo an­che un sequestro, non era di sua competenza. Dovrebbe ri­partire davanti alla Corte d’assi­se, il prossimo 8 maggio, ma le difese temono che neanche la Corte vorrà occuparsene, e a quel punto a sbrogliare il caos sarà la Cassazione. Nel frattem­po, la conseguenza è che Am­brogio Crespi, che si è fatto set­te mesi di galera, non ha davan­ti a sé un giudice cui chiedere diessere prosciolto seduta stan­te, come il codice prevede quando la dissoluzione della prova è evidente. Che la prova si andasse dis­solvendo, a dire il vero, si pote­va intuirlo già da molti mesi, quando Eugenio Costantino ­unica attività nota, un negoziet­to di oro usato, promosso sul campo a faccendiere della ’n­drangheta – aveva spiegato ai pm di essersi inventato tutto. «Ho iniziato all’età di sedici an­ni a millantare su tutta la mia vi­ta. Il motivo non glielo so dire. Non ero contento della mia vita e mi sono creato una identità parallela. Dicevo di essere un commercialista, avvocato, ar­chitetto, ingegnere. È qualcosa di insito nella mia natura. Nel­l’ultimo periodo mi sono vanta­to di essere ’ndranghetista». Tra le bubbole inventate per far­si bello, Costantino aveva cita­to proprio quella sui voti che Crespi avrebbe raccolto per conto della ’ndrangheta per l’assessore Zambetti: «Dato che ormai Zambetti era stato eletto, a cose fatte mi davo una certa importanza. La storia dei voti procurati da Crespi Ambro­gio a Zambetti me la sono inven­tata di sana pianta. È il mio mo­do di essere, io mi vanto con tut­ti, con mio padre, con il mio mi­gliore amico. Sono fatto così. Ho inventato la storia dei napo­letani e dei capi condomini co­nosciuti da Crespi Ambrogio».
Il giorno dopo la pubblicazio­ne di quei verbali, Crespi si aspettava di essere liberato su due piedi. Invece dovette atten­dere ancora quattro mesi, nel «repartino» del carcere di Ope­ra. Poi, nonostante la ritratta­zione di Costantino, è arrivato il rinvio a giudizio, anche se da­vanti ai giudici sbagliati. E ora ecco il deposito della perizia psichiatrica che porta il giudi­ce a scarcerare Costantino: non è un boss della ’ndranghe­ta ma uno con «gravi problemi psichiatrici», così evidenti da rendere incompatibile col suo stato di salute la permanenza in galera. D’altronde il 12 mar­zo scorso un’altra vittima delle fanfaronate di Costantino, l’ex presidente del consiglio comu­nale di Milano Vincenzo Giudi­ce, era stato prosciolto su richie­sta della stessa Procura.
E la cosa straordinaria è che per capire che i voti di cui Co­stantino cianciava esistevano solo nella sua fantasia, bastava guardare i flussi elettorali a fa­vore di Zambetti nei diversi col­legi: compresi quelli dove se­condo l’accusa Costantino rac­cattava voti malavitosi. «Nessu­no spostamento significativo», scrisse Roberto D’Alimonte: lo stesso studioso di flussi eletto­rali che ha poi firmato l’Itali­cum di Matteo Renzi.

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Gianluca Pace