Il Corriere della Sera: “La clandestinità non sarà reato”. L’indigestione delle regole. Editoriale di Michele Ainis:
“Il governo Letta ha passato la nottata, ma per l’Italia è ancora notte fonda. Viviamo in un sistema che alleva disoccupazione e recessione, prigioniero di lobby armate fino ai denti, lacerato dal divorzio fra popolo e Palazzo. Zero efficienza economica, zero equità sociale, zero legittimazione democratica. C’è un nesso fra queste tre voragini? Sì che c’è, ma per illuminarlo dobbiamo aprire gli occhi sul quarto zero tondeggiante sullo sfondo: quello delle riforme istituzionali e costituzionali. Ci sarà pure una ragione se alle nostre latitudini fa notizia la sopravvivenza del governo, non già la sua caduta. Se ciascun potere dello Stato, nessuno escluso, appare debole ma al contempo rissoso, sleale, prepotente. Se infine il sistema nel suo complesso è incapace di produrre grandi scelte, però microdecisioni sì, e sono sempre decisioni di favore.
Le prove? Alla data del 2012 il nostro ordinamento ospitava 63 mila norme di deroga. Significa che la regola non esiste più: defunta, insieme al principio d’eguaglianza. Perché la deroga, l’eccezione, non è che l’abito normativo cucito indosso su misura a questa o a quella camarilla. E perché i sarti sono tanti, quando i Consigli regionali mettono becco sugli affari nazionali, quando le coalizioni di governo sono affollate come vagoni della metropolitana, quando ogni progetto di legge fa la spola tra due Camere, e ciascuna può aggiungervi il suo bel vagoncino colorato”.
La prima pagina di Repubblica: “Via il reato di clandestinità”.
La Stampa: “Tagli e vendite di immobili: così rientreremo dal deficit”. I limiti a un indulto necessario. Editoriale di Vladimiro Zagrebelsky:
“Il messaggio del presidente Napolitano è nuovo per la solennità della forma, ma riprende concetti che lo stesso Presidente – ed i due ultimi ministri della Giustizia – hanno più volte ripetuto, anche con tono di grave allarme. Ed è di ieri il monito della Corte Costituzionale rivolto al legislatore. Non c’è dunque nulla di legato a contingenze politiche, nell’intervento del Capo dello Stato.
La sua ragione sta invece nell’intollerabile perdurare di una situazione gravissima, nota a tutti: il sovraffollamento delle carceri italiane, che, per moltissimi detenuti, trasforma in trattamento inumano una pena che, secondo la Costituzione, non deve consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e deve invece tendere alla rieducazione dei condannati. Alla violazione della Costituzione si aggiunge – dichiarata dalla Corte europea dei diritti umani – la violazione della Convenzione europea che vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di situazione non temporanea, ma invece perdurante e strutturale, che mette l’Italia al primo posto tra tutti i Paesi dell’Unione Europea quanto a gravità del problema. Finora il Parlamento è rimasto sostanzialmente indifferente, limitandosi a piccoli aggiustamenti della legislazione vigente, con i previsti limitatissimi effetti sul numero dei detenuti presenti in carcere”.
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Letta in ginocchio davanti alle bare. Articolo di Francesco Grignetti:
“Enrico Letta si inginocchia davanti alle bare nell’hangar di Lampedusa. Davanti ha una distesa di bare che toglie il fiato. Tante, troppe. Quasi trecento casse, molte bianche a segnalare i bambini mori nel naufragio. Accanto al premier italiano ci sono Josè Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea; Cecilia Malmstroem, il commissario per gli Affari Interni; Angelino Alfano, il ministro dell’Interno. Da fuori si sentono le voci di un piccolo gruppo di contestatori che urlano «Vergogna!». Ma dentro l’hangar c’è odore di morte, c’è silenzio, c’è commozione”.
Con un indulto di tre anni ventimila fuori prigione. Articolo di Francesco Grignetti:
“Una «road map» per arrivare all’amnistia, ovviamente, ancora non esiste. C’è però una fermissima convinzione di governo e Quirinale sulla necessità di arrivare a misure straordinarie di clemenza. Di nuovo ieri Enrico Letta, a margine della conferenza stampa di Lampedusa sull’immigrazione, diceva: «Non sono degne di un Paese civile. Me ne vergogno, come mi vergogno dello stato miserevole dei Cie». Così si spiega anche l’insistenza della ministra Annamaria Cancellieri, che ieri era in Parlamento per parlare dello stato penoso di San Vittore, il carcere di Milano, e ha voluto ringraziare il Capo dello Stato «per aver voluto porre la questione carceraria, definita senza mezzi termini “drammatica”, al centro del messaggio alle Camere, e per aver voluto indicare al Parlamento alcune strade da percorrersi congiuntamente per risolvere il problema del sovraffollamento»”.
Il ciclone Le Pen. Dal corrispondente Alberto Mattioli:
“L’ondata blu Marine è sempre più alta. E ormai rischia di travolgere il sistema politico francese. Ieri, per la prima volta, un sondaggio ha attribuito al Front National di madame Le Pen il primo posto nelle intenzioni di voto dei francesi per le Europee dell’anno prossimo. Il Fn sarebbe al 24%, l’Ump postsarkozysta al 22 e il Ps di François Hollande a un misero 19.
È il secondo campanello d’allarme in tre giorni. Domenica, al primo turno delle cantonali a Brignoles, dalle parti di Nizza, il candidato del Front ha stracciato tutti arrivando a un impressionante 40,4%, il doppio dell’Ump e il triplo di quello della gauche. Certo, è un test parzialissimo. Ma in marzo ci sono le amministrative e, secondo i sondaggi riservati del ministero degli Interni, che naturalmente si sono subito risaputi, i socialisti potrebbero perdere una sessantina di città di più di 10 mila abitanti. Peggio: l’emorragia di voti profitterebbe più alla destra estrema del Fn che a quella moderata dell’Ump”.
Il Fatto Quotidiano: “Ci raccontano balle. Con l’indulto B. è libero”.
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Il Giornale: “Niente tasse, vince il Pdl”. Caro ministro burocrate, inoccupabile sarà lei. Editoriale di Vittorio Feltri:
“Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Enrico Giovannini, preso atto dei dati Ocse sui livelli di istruzione in vari Paesi del mondo, e constatato che l’Italia è in fondo alla classifica, ha affermato sconsolato che il quadro statistico dimostra quanto i nostri concittadini «siano poco occupabili». In realtà i livelli occupazionali in assoluto non sono rapportabili al grado culturale dei lavoratori. Ovvio che un giovane, più è preparato e più probabilità ha di trovare un buon posto, ma il tasso di disoccupazione è legato ad altri fattori. Per esempio, la moneta. Dove essa è più forte dell’economia, quest’ultima va a rotoli e offre meno opportunità di lavoro. Basta osservare ciò che accade in Europa con l’euro:la Grecia è al collasso, il Portogallo e la Spagna sono asfittici,l’Italia segue a ruota. Noi abbiamo (avevamo)un’importante industria manifatturiera che dava lavoro a milioni di persone. Adesso siamo in crisi, anche e soprattutto a causa della moneta unica ipervalutata, e l’occupazione è scesa in misura che desta allarme. Scenderà ancora finché i prodotti nazionali non saranno concorrenziali”.