MILANO – Abogado, non avvocato dovrà chiamarsi chi lo è diventato in Spagna. A parte questo, un laureato in legge in Italia può diventare avvocato in Spagna e poi subito iscriversi all’Ordine e fare l’avvocato in Italia e nessuno glielo può impedire.
Quello del nome sulla targa è l’unico limite posto dalla Corte di giustizia europea alla mobilità professionale nella Comunità e ai circa 3.000 avvocati italiani di fattura spagnola.
Il via libera della Corte, informa Giovanni Negri sul Sole 24 ore,
“comporta sì l’esercizio della professione di avvocato in Italia, ma anche la necessaria indicazione del titolo ottenuto nella lingua ufficiale del Paese di conseguimento. Ergo: lo studio italiano del legale “spagnolo” dovrà recare la denominazione di «Abogado»”.
La sentenza è stata depositata giovedì 17 luglio 2014. Con essa, riferisce Giovanni Negri,
“la Corte europea ha dato il via libera a chi dall’Italia si reca in Spagna per per ottenere la qualifica professionale di avvocato. Per gli eurogiudici, la condotta, contestata pesantemente dal Consiglio nazionale forense, non rappresenta una pratica abusiva. Secondo il Cnf invece non può avvalersi della direttiva sullo stabilimento degli avvocati chi punta a ottenere il titolo in Spagna con il solo scopo di eludere la normativa italiana sull’accesso alla professione [magari] perché l’esame in Spagna è più facile. [… E vi si può] godere di regole più favorevoli (gli ultimi dati, in parte incompleti, datati 2012, segnalano 32.572 aspiranti avvocati e 5.936 idonei)”.
Per la Corte europea,
“in un mercato unico, la possibilità, per i cittadini dell’Unione, di scegliere lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo e quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione è collegata con l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dai Trattati. Il fatto che il cittadino di uno Stato membro, in possesso di una laurea conseguita nel proprio Paese, si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi il titolo di avvocato e faccia in seguito ritorno nel proprio paese per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nell’altro Stato membro è la realizzazione di uno degli obiettivi della direttiva e non costituisce abuso del diritto di stabilimento”.