ROMA – “Al fine di stimolare la creatività dei bambini – scrive Massimo Gramellini – un pool sicuramente formidabile di pedagogisti ha stabilito che da settembre nelle scuole materne comunali di Torino vengano aboliti i grembiuli. Il loro ragionamento, sicuramente formidabile, non fa una piega (a differenza di molti grembiuli) e suona grosso modo così. Le aule sono frequentate da creature di etnie diversissime, perciò sarebbe sbagliato soffocare tanta varietà sotto la cappa del conformismo che ha nel grembiule il suo simbolo. Una bimba vuole presentarsi in classe con l’abito tradizionale afghano oppure vestita da Peppa Pig? E che lo faccia. Libertà, diversità, creatività, ta-ta-tà”.
Il Buongiorno:
Resta da capire cosa avessero in testa i fautori del Grembiulismo che la nuova pedagogia, sicuramente formidabile, si accinge a mettere in naftalina. Pare ritenessero che dare lo stesso vestito a tutti i bambini fosse un modo per tutelare i più disagiati, annullando le differenze economiche e sociali almeno al loro primo manifestarsi: nell’abito. Pare addirittura che i grembiulisti pensassero che la creatività, per potersi manifestare, avesse bisogno di un limite da infrangere, essendo la trasgressione la condizione naturale in cui il talento individuale si esprime. Insomma, secondo quei retrogradi impenitenti, la creatività consisterebbe nel tentativo di togliersi lo stesso grembiule degli altri. Al contrario, se quel grembiule non c’è, si passerà la vita alla ricerca di omologazioni rassicuranti. Cioè di altri grembiuli, opinioni e pregiudizi collettivi da mettersi addosso.
Al fine di stimolare la creatività dei bambini, un pool sicuramente formidabile di pedagogisti ha stabilito che da settembre nelle scuole materne comunali di Torino vengano aboliti i grembiuli. Il loro ragionamento, sicuramente formidabile, non fa una piega (a differenza di molti grembiuli) e suona grosso modo così. Le aule sono frequentate da creature di etnie diversissime, perciò sarebbe sbagliato soffocare tanta varietà sotto la cappa del conformismo che ha nel grembiule il suo simbolo. Una bimba vuole presentarsi in classe con l’abito tradizionale afghano oppure vestita da Peppa Pig? E che lo faccia. Libertà, diversità, creatività, ta-ta-tà.
Resta da capire cosa avessero in testa i fautori del Grembiulismo che la nuova pedagogia, sicuramente formidabile, si accinge a mettere in naftalina. Pare ritenessero che dare lo stesso vestito a tutti i bambini fosse un modo per tutelare i più disagiati, annullando le differenze economiche e sociali almeno al loro primo manifestarsi: nell’abito. Pare addirittura che i grembiulisti pensassero che la creatività, per potersi manifestare, avesse bisogno di un limite da infrangere, essendo la trasgressione la condizione naturale in cui il talento individuale si esprime. Insomma, secondo quei retrogradi impenitenti, la creatività consisterebbe nel tentativo di togliersi lo stesso grembiule degli altri. Al contrario, se quel grembiule non c’è, si passerà la vita alla ricerca di omologazioni rassicuranti. Cioè di altri grembiuli, opinioni e pregiudizi collettivi da mettersi addosso.
Basta grembiulini: “Meglio che i bimbi siano tutti diversi”
L’articolo di Maria Teresa Martinengo sulla Stampa:
Ancora grembiulini. Con la Gelmini arrivavano, ora nelle 79 scuole dell’infanzia comunale se ne vanno. Le mamme che sono andate a parlare con le maestre in vista dell’inserimento dei bambini a settembre, si sono sentite spiegare che «dei grembiulini non c’è più bisogno». Cancellati (magari con qualche sacca di resistenza qua e là) a seguito di un’ampia riflessione pedagogica, di ricerche di esperti internazionali che riconsiderano il bambino del nuovo millennio con i suoi cambiamenti e la società contemporanea con tutte le sue diversità. Soprattutto, l’attitudine del bimbo a sperimentare ed esprimere la sua identità. A cominciare dagli indumenti indossati a scuola.
La divisa
Niente più sezione dei gialli o dei turchesi, dunque. L’appartenenza a un gruppo verrà specificata altrimenti. A spiegare le novità introdotte dai Servizi Educativi è Maria Antonietta Nunnari, componente di un Coordinamento Pedagogico di esperti che su questi temi ha elaborato il documento programmatico «Otto principi per ripartire» (nel sito del Comune). «Il grembiule è una questione annosa perché è l’immagine della scuola dell’infanzia, deriva da tempi in cui l’asilo era anche “assistenza”, doveva rendere i bambini uguali coprendo quel che c’era sotto», dice l’esperta, responsabile pedagogica del circolo didattico di Madonna di Campagna. «La ricerca pedagogica ora lo mette in discussione, anche se – precisa – in questo campo non esistono scelte valide in assoluto. Noi partiamo dal concetto che i bambini uguali non sono. I bambini gridano la loro originalità e hanno diritto che questa venga riconosciuta, valorizzata. Hanno diritto di essere quel che sono, quindi ben venga anche la gonna che fa la ruota, se piace. Il grembiule nega tutto questo».
Nemmeno risponde all’idea di praticità, che tanti genitori e nonni hanno in mente. «Dal punto di vista motorio impedisce alcuni movimenti, viene infilato sopra l’abbigliamento, spesso impaccia». È un inizio. «I nostri bambini in futuro dovranno misurarsi con i coetanei finlandesi che a tre anni si arrampicano sugli alberi mentre da noi si mettono fuori legge le radici affioranti nei giardini».
Il grembiule, poi, non risolverebbe la questione dello sporcarsi «perché – dice Nunnari – con o senza non si devono trattare i propri indumenti senza rispetto. Chiediamo ai genitori un abbigliamento adatto alla mobilità, tuta e maglietta, per esempio. E l’essenzialità come valore. Nulla vieta però che la maglietta venga connotata con il nome del bambino, magari con un lavoro fatto in gruppo dai genitori, per conoscersi». Una maglietta «parla». «È un segno di identità: la questione identitaria viene estratta dal cappello in alcune situazioni, in altre invece si fanno scelte che massificano. Poi, non è vero che il grembiule renda uguali: c’è quello col pizzo, quello stretto recuperato dal fratello… Per giocare coi colori basterà una vecchia camicia…».
Le perplessità
Nelle scuole dove il grembiulino è già stato eliminato si sono dovute superare le perplessità delle maestre. «Dicevano: come faccio a riconoscere il mio bambino in cortile. Ma una maestra si occupa di un bimbo o della comunità dei bambini?». Anche la fila o il trenino andrebbero superati. «L’adulto – si legge nel documento – incoraggia la partecipazione attiva a tutti i momenti di quotidianità favorendo lo spostamento autonomo negli spazi, eliminando forzosi incolonnamenti». Niente più maestra dei rossi o dei verdi, allora? «I bambini sceglieranno il nome da dare al loro gruppo tutti insieme, con un esercizio di democrazia. I bambini hanno competenze, idee. Nelle mie scuole a tre anni scelgono il nome di un animale, a quattro – dice la pedagogista – un gruppo ha deciso di chiamarsi “i ragazzi e le ragazze”…».