Il Corriere della Sera: “Ora il governo vede la ripresa.” La riforma più difficile. Editoriale di Angelo Panebianco:
“Così come non c’è mai stata nessuna Seconda Repubblica, la condanna di Berlusconi non farà nascere la Terza. La Repubblica è una soltanto, sempre la stessa. Che cambino o meno uomini, partiti o leggi elettorali. Ed essendo la stessa, le sue tare e i suoi conflitti di fondo si perpetuano. Così è per lo squilibrio di potenza fra magistratura e politica, uno squilibrio che secondo molti, compreso lo scomparso presidente della Repubblica Francesco Cossiga, risale a molto tempo prima delle inchieste di Mani Pulite di venti anni fa.
Al momento, apparentemente, tutto è come al solito: con Berlusconi e la destra contrapposti alla magistratura e la sinistra abbracciata ai magistrati. Gli uni reagiscono a quella che ritengono una orchestrata persecuzione. Gli altri si aggrappano alla magistratura, un po’ per antiberlusconismo, un po’ perché una parte dei loro elettori considera i magistrati (i pubblici ministeri soprattutto) delle semi-divinità o giù di lì, e un po’ perché sperano in trattamenti «più comprensivi» di quelli riservati alla destra.
Ma lo squilibrio di potenza c’è (anche i magistrati più seri lo riconoscono) e, insieme alla grande inefficienza del nostro sistema di giustizia, richiederebbe correttivi. Una seria riforma della giustizia, del resto, l’ha chiesta anche il presidente della Repubblica, di sicuro non sospettabile di interessi partigiani.
Ma la domanda è: può un potere debole e diviso imporre una «riforma» a un potere molto più forte (e molto più unito) contro la volontà di quest’ultimo? Frugando in tutta la storia umana non se ne troverà un solo esempio.
La magistratura è l’unico «potere forte» oggi esistente in questo Paese e lo è perché tutti gli altri poteri, a cominciare da quello politico, sono deboli.”
La sfida del Cavaliere: andare in carcere. Articolo di Tommaso Labate:
“Niente servizi sociali. Niente arresti domiciliari. «A questo punto, me ne vado in galera. E poi…». È il momento in cui, fuori da Palazzo Grazioli, la colonnina di mercurio ha sfondato i 35 gradi. Il momento in cui, e siamo al primo pomeriggio di ieri, Silvio Berlusconi riceve la delegazione pidiellina appena rientrata dal Quirinale.
È di fronte al tandem Schifani-Brunetta, salito al Colle per perorare la causa berlusconiana, che il Cavaliere dopo giorni torna a parlare esplicitamente del carcere. L’aveva fatto in passato, a mo’ di sfogo. Ma stavolta la questione potrebbe essere diversa. Dietro i puntini del suo discorso sulla volontà di «scontare la pena in carcere», di cui qualche ora più tardi Daniela Santanché darà una versione pubblica, potrebbe nascondersi la prima mossa della lunga partita a scacchi con il Quirinale e le forze politiche.
Visto che «le colombe», da Gianni Letta ai ministri, continuano a sostenere che l’unica (stretta) via per un qualsiasi provvedimento di clemenza passa attraverso un suo «primo passo», ecco che — per la prima volta — l’ex premier l’avrebbe individuato, quel «passo». Varcare il portone di San Vittore e, da lì, condurre il gioco da una diversa posizione. Anche nei confronti del Pd che, in caso contrario, avrebbe difficoltà a spiegare al suo elettorato l’eventuale voto favorevole su un provvedimento salva-Berlusconi. Che sia l’amnistia o un emendamento da inserire in una qualsiasi legge sulla giustizia. Ma visto che questa non è una semplice partita a scacchi, e che la «mossa» comporta dei sacrifici umani e affettivi, Berlusconi non s’è limitato a confidarsi col partito. No. Dell’ipotesi di pretendere la galera, rifiutando le pene alternative, il Cavaliere avrebbe già parlato con tutti i figli. Dalla primogenita Marina, che il diretto interessato continua a «proteggere» rispetto al pressing di chi la vorrebbe in campo subito, all’ultimogenito Luigi.”
«Vicini alla ripresa, banche più solide.» Scrive Mario Sensini:
“Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni è ormai pronto ad avanzare la sua proposta per la rimodulazione dell’Imu, con un alleggerimento dell’imposta sulla prima casa ma non per tutti. Se il clima nella maggioranza lo consentirà, il presidente del Consiglio Enrico Letta ed il ministro potrebbero convocare la cabina di regia, quindi i segretari di Pd, PdL e Scelta Civica, con i loro capigruppo di Camera e Senato, già questa settimana per tentare di chiudere l’accordo politico, lasciando ai tecnici la definizione di un decreto da varare subito dopo Ferragosto.
Lo ha confermato ieri da Bolzano il premier: «Voglio lanciare un messaggio: maniche rimboccate, siamo al lavoro. Su Imu e Iva confermo quello che abbiamo già codificato: entro il 31 agosto sulle due questioni ci sarà la parola fine».
Sulla scia delle buone notizie che arrivano dall’economia, ieri al centro di un summit a Palazzo Chigi tra Letta, Saccomanni ed il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il governo tenta dunque un accelerazione delle misure di politica economica. Intanto con un rafforzamento delle agevolazioni alle imprese che si indebitano per acquistare macchinari. Al fondo di 2,5 miliardi della Cassa depositi previsto dal decreto del Fare, potrebbe aggiungersene un altro per sostenere l’acquisto, da parte delle imprese, di tecnologie e software. E nelle prossime settimane scatteranno altri 500 milioni di rimborsi Iva per tremila imprese, portando le restituzioni del 2013 a 7,7 miliardi.”
La rigorosa Germania vuole abolire i Länder «in rosso.» Articolo di Mara Gergolet:
“C’è una discussione che appassiona la Germania come quella sulle province infervora l’Italia. Come abolire — o riformare — i Länder, le macroregioni che in alcuni casi (vedi Baviera) competono con l’identità nazionale. Il dibattito torna a intervalli regolari, solo che stavolta si fa sul serio. Perché Berlino, che ha costretto i Paesi europei a iscrivere nella Costituzione l’obbligo di pareggiare il bilancio, ha fatto altrettanto con i propri Länder. Dal 2020, dunque, le «regioni» non possono più finire in rosso e finanziarsi con il debito, pena la perdita di autonomia e l’accorpamento forzato.
La situazione, in un Paese federale e fiscalmente squilibrato, dove tre Länder del Sud (Baviera, Badenwürttenberg, Assia) pagano una larga parte delle tasse nazionali, è delicata. Dice l’ex presidente della Corte Costituzionale, organo cruciale negli equilibri della politica, Hans-Jürgen Papier, alla Welt : «Alcuni dei Länder chiaramente non sono nella condizione di provvedere dal punto di vista finanziario a se stessi. Questi Länder avranno grosse difficoltà a raggiungere l’obiettivo costituzionale del pareggio di bilancio». Il 2020 agli italiani sembra perdersi nella nebbia? Per i tedeschi è dopodomani.”
La prima pagina de La Repubblica: “Il Pdl al Colle: salvare Berlusconi.”
La Stampa: “Letta: non rovinate la ripresa.” Lasciate che gli stranieri vengano a noi. Editoriale di Stefano Lepri:
“Il governo non cade e l’agosto può trascorrere tranquillo, senza burrasche sui mercati finanziari. Però la tenue ripresa economica che si comincia a intravedere non ci porterà grande sollievo, se Enrico Letta e i suoi ministri continueranno settimana dopo settimana, mese dopo mese, ad essere paralizzati dai ricatti di una campagna elettorale permanente. La sfiducia tornerebbe a crescere, all’interno come all’estero. Non si può governare bene quando chi fa parte della maggioranza, invece di puntare su ciò che è realizzabile (in modo da rivendicare poi: «Per merito nostro sono state fatte cose buone») punta quasi soltanto su ciò che è irrealizzabile («Per colpa degli altri non si è concluso nulla»). Al di là della disordinata rissosità degli alleati-rivali, e delle loro divisioni interne, c’è un motivo di fondo per cui questo avviene.”
Marina Berlusconi, la figlia inflessibile che cerca di resistere al “sacrificio”. Articolo di Mario Corbi:
“È lei che la sera mette a letto i figli raccontandogli favole e anche la storia della sua famiglia, la nascita di un impero. Una donna tosta Marina Berlusconi, classe 1966, segno zodiacale e temperamento di fuoco (il 10 agosto il suo compleanno) che ha sempre sostenuto suo padre, senza limiti. Dalla sua parte e basta. Di qualsiasi cosa si tratti. Ed è lei in questi momenti del dopo Cassazione in cui il destino di un partito, di un uomo, di un leader sono messi in discussione a fare da faro. «Si va avanti». Una donna che solo all’apparenza è fragile, ma che dal tacco 12 comanda con il piglio di un generale le truppe aziendali. E che, dice chi la conosce, entrata in politica al posto del padre rivoluzionerebbe il partito e anche le regole di reclutamento. I falchi, chi adesso la invoca, potrebbero avere una amara sorpresa se veramente decidesse di mettersi in gioco con la futura Forza Italia. Per informazioni chiedere in azienda. Chiedere a Murdoch (è stata lei a bloccare la vendita dell’azienda al magnate). E chiedere a Barbara Berlusconi, la sorellastra che dichiarò di voler lavorare in Mondadori. Dove non è mai arrivata. Ha fatto del motto di “zio” Fedele: «Oggi nessuno ha il posto assicurato, neppure la figlia del padrone». Chiede il massimo a se stessa e agli altri. I suoi studi sono stati «custom», con un infanzia sotto protezione per paura dei rapimenti. La facoltà di Giurisprudenza lasciata per Scienze politiche. Esami a singhiozzo, poi il vero master; l’azienda. Quando si decise che sarebbe stata lei a prendere in mano l’impero è stata affiancata da Confalonieri, ma anche da Franco Tatò, l’uomo che avviò il risanamento Fininvest.”
Bimbi senza mamma e papà L’altra faccia dei femminicidi. L’inchiesta di Raphael Zanotti:
“Marina di Massa, 28 luglio 2013. Marco Loiola, accecato dalla gelosia e da una storia che non accettava fosse finita, spara al presunto rivale lasciandolo in coma. Poi si reca al ristorante dove lavorava la moglie Cristina Biagi e la uccide. Quindi rivolge l’arma contro di sé e si suicida. Una famiglia sterminata. Restano due bambini, di 3 e di 10 anni. Soli. San Tammaro di Caserta, 20 luglio 2013: il corpo di Katia Tondi, donna di 31 anni, viene trovato in casa privo di vita. Qualcuno l’ha uccisa. Indiziato del delitto il compagno, Emilio Lavoretano. In casa, al momento del delitto, c’era anche il figlioletto di Katia, 7 mesi. Solo. Ci sono altre vittime del femminicidio. Vittime di cui quasi nessuno parla mai, travolti dall’orrore di una violenza che confonde l’amore con il possesso. Vittime che non sono sotto i riflettori, perché minorenni. Ma proprio per questo più a rischio, infilati in percorsi fatti di affidamenti, adozioni, tribunali dei minori. Che fine fanno queste vittime?, che strumenti hanno e che strumenti fornisce loro la società per superare il trauma di un padre che uccide la propria madre?, come crescono?”
Il Fatto Quotidiano: “Berlusconi ricatta il Colle: Grazia o mi faccio arrestare.” Il marcio su Roma. Editoriale di Marco Travaglio:
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“Le lacrime di Berlusconi possono essere un inganno per chiunque, meno che per Berlusconi. A quello che dice e fa, anche se lo dice e lo fa per calcolo, Berlusconi ci crede… La scena sa tenerla da grande attore: se gli dessero da recitare l’Otello, sarebbe capace, per dare più verisimiglianza al cruento finale, di sbudellarsi veramente, e non per finta, sul corpo esanime di Desdemona….”
Il Giornale: “225 milioni, De Benedetti diversamente evasore.” Editoriale di Alessandro Sallusti:
“«Questa sentenza è irricevibile, manifestamente infondata e palesemente illegittima ». Parole di Silvio Berlusconi? No. Bondi, Santanchè, Brunetta? Macché. Parole di Carlo De Benedetti, diffuse dal suo portavoce un annetto fa, il 25 maggio 2012. Oddio, ma è lo stesso Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica , il giornale che in queste ore sta facendo un mazzo così a Berlusconi sul fatto che in democrazia le sentenze siaccettano e non si discutono e perché i magistrati vanno rispettati? Certo che è lui. Ed è stato condannato per una evasione fiscale da 225 milioni di euro. Impossibile. Vuoi vedere che lo stesso Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica , il quotidiano che scrive che Berlusconi è ladro perché chi evade le tasse frega soldi pubblici, è un mega super ladrone e nessuno, dico nessuno, lo scrive e lo dice? Ebbene sì, almeno stando alla sentenza di appello emessa dal tribunale tributario del Lazio. Per bollarlo a vita bisognerà aspettare la sentenza della Cassazione, che a differenza di quanto avvenuto con Berlusconi, ci metterà non pochi mesi ma tanti anni, tre o quattro ancora, dicono. Non c’è fretta quando di mezzo c’è il Carlo De Benedetti tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica perché lui si difende nei processi, non dai processi. Questo è iniziato nel ’95. Vent’anni sono passati e ancora non c’è fretta di concludere. Ci credo che Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica non scappa. È che nessuno lo insegue, nonostante la vicenda sia identica nella dinamica (infinitamente superiore nelle cifre) a quella che ha portato agli arresti di Berlusconi: plusvalenze su affari. Anzi no, una differenza c’è. Per gli inquirenti la tessera numero uno del Pd ed editore di la Repubblica poteva non sapere del pasticcio, quindi non c’è truffa ma solo danno erariale sanabile con soldoni (225 milioni). Tanto che non siamo in sede penale ma di giustizia tributaria.”










