Una specie di gita aziendale che ha portato a rendere omaggio a Mandela il primo ministro Enrico Letta e la presidentessa della Camera Laura Boldrini, con rispettivi coniugi, assistenti e scorte su e giù per l’Africa è stata al centro di una polemica accesa a cavallo del week end.
Tutta la polemica è stata puntata sul fatto che Laura Boldrini si fosse portata l’uomo, provocando una reazione abbastanza stupida quanto l’accusa: fate del sessismo, perché il compagno della Boldrini no e la moglie di Letta sì?
Il problema non è tanto il costo. Se un primo ministro non può andare dove vuole e con chi vuole e gli si contano gli euro che spende, siamo davvero alla frutta. Se non riteniamo la persona nelle cui mani sono stati messi i nostri destini, meglio che cambiamo Paese.
Indbbiamente c’è un problema di buon gusto, come quando, nel 1986, Bettino Craxi andò in Cina con una nutrita schiera e Andreotti subito lo beccò.
Ma non dimentichiamo che, quando la Procura della Repubblica di Roma indagò Berlusconi per l’uso disinvolto dell’aereo di Stato sulla rotta Roma – Sardegna, il Tribunale dei ministri archiviò tutto. E quelli erano voli bunga bunga, questo era per un funerale.
Il punto centrale riguarda l’opportunità di certe cose in certi momenti.
Era giusto che l’Italia fosse rappresentata al massimo livello ai funerali di Mandela. C’erano tutti, proprio tutti, tranne Benjamin Netanyahu che non ci ha fatto una grande figura. Non avesse l’età che ha, ci sarebbe dovuto andare il Presidente della Repubblica. Ci doveva però andare uno solo, massimo con la moglie. Uno solo, per rappresentare tutti gli italiani, in particolare quei tanti, forse anche milioni, che avrebbero voluto essere lì, al Fnb Stadium di Johannesburg, non un gruppetto di privilegiati. La cosa non ha senso.
Gli americani si sono mossi in massa, tra Presidente Barack Obama e ex presidenti Bill Clinton e George Bush e anche 23 parlamentari. Ma l’America è l’altra faccia della luna, è l’arbitro del mondo.
L’Italia è un Paese marginale, in Sud Africa forse conoscono meglio i nostri calciatori che i nostri politici, che ci fosse la Boldrini o non ci fosse, a Johannesburg importava assai poco (restare in ufficio alla Camera, con tutti i problemi che ci sono in questi giorni, forse era meglio).
E che poi oltre alla Boldrini ci fossero o non ci fossero anche, come ha scritto Dagospia,
“il suo portavoce candidato Sel trombato alle ultime elezioni, il responsabile della comunicazione (il portavoce non bastava evidentemente), la consigliera diplomatica e altri due al suo seguito”.
E che poi il suo compagno facesse sapere a tutti quelli che erano stati esclusi le proprie emozioni, scrivendo su Twitter
«Tutto il mondo è qui, Obama che stringe la mano a Castro. Amazing »
se è vero quello che ha riportato il Giornale, è piuttosto imbarazzante. Allora non ci siamo, perché non si tratta di sessismo ma è il comportamento dell’imbucato che scrive a casa “come tutto è bello qui”.
Per ricostruire la vicenda da alcuni quotidiani che se ne sono occupati, si può partire dal fondo, dalla intervista che Carlo Ciavoni ha fatto per Repubblica a Vittorio Longhi, compagno di Laura Boldrini, nel ruolo di principe consorte;
“Obiezioni del genere non verrebbero fatte a un politico maschio”.
E nel ruolo del consorte è implicito il lamento:
“La speculazione che viene fatta ruota attorno a un’idea di privilegio sbagliata, che non sa tener conto dei sacrifici che un ruolo istituzionale impone. Il viaggio in Sud Africa è durato 11 ore. Una volta lì abbiamo avuto solo il tempo di partecipare alla cerimonia e siamo tornati indietro, affrontando altre 11 ore di viaggio. Di fatto, abbiamo dormito due notti seduti sulle poltrone dell’aereo della Presidenza del Consiglio. Ecco tutto il privilegio che c’è stato riservato. È assurdo parlare di un rappresentante dello Stato, che va alle esequie di un personaggio come Mandela come se avesse partecipato a una vacanza di un gruppo di buontemponi. È la dimostrazione dell’ossessione sessista di certe persone, che considerano una notizia il fatto che un uomo accompagni in un viaggio di 22 ore, nell’arco di 36, la propria compagna investita di un ruolo istituzionale. Ed è una goffa e insopportabile speculazione politica”.
Per noi che ti tagliano le pensioni è insopportabile l’idea di pagare le tasse per mandare un piagnone del genere in giro per il mondo a spese nostre.
Giampaolo Cadalanu, sempre su Repubblica, affronta invece il martirio di Laura Boldrini, costretta rimangiarsi la promessa, fatta fin “da subito” di “rinunciare completamente all’aereo di Stato” perché
“l’appuntamento dei funerali di Mandela era imperdibile”.
Nel volerla osannare, Cadalanu in realtà rafforza i motivi di fastidio contro la Boldrini: ma come si fa a definire un funerale un
“appuntamento imperdibile”
questo proprio a un cittadino che paga tante tasse per mantenere questa gente qua proprio glielo devi spiegare.
Poi sai, Giangi, cosa vuoi,
“la partenza per Johannesburg di Enrico Letta con un Falcon 900 della Presidenza del Consiglio era già pianificata”.
e allora sai cosa vuoi, perché non
“approfittare del passaggio e portare anche il Vittorio Longhi, che è consulente Onu”.
Dai ragazzi, Cadalanu assolve la Boldrini al 100 per cento:
“Poco importava che l’ufficio di Presidenza di Montecitorio l’avesse chiarito dal primo momento: «nessuna spesa aggiuntiva » era stata causata dalla presenza di Boldrini, compagno e staff. Al contrario, andata e ritorno erano stati programmati di notte, risparmiando dunque anche le spese di permanenza, e lo staff della presidentessa aveva rinunciato all’indennità di trasferta. Se la Boldrini non fosse salita a bordo con il compagno e il seguito, i sedili sarebbero rimasti vuoti”.
Mica roba come quella del volo di Stato per assistere al Gran Premio di Monza da Francesco Rutelli e Clemente Mastella. O con quello che trasportava spigole fresche dalla Sicilia al Trentino, per volere del generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale. Niente a che vedere con la “disinvoltura” nell’uso dei velivoli di Stato attribuita all’ex premier Bettino Craxi, all’ex ministro dc Remo Gaspari, o a Fausto Bertinotti, predecessore della Boldrini nella terza carica dello Stato dal 2006 al 2008″.
Bontà sua, Cadalanu non ricorda lo scandalo Berlusconi. Parce sepulto.
Molto chic la Boldrini dimentica il posto che miracolosamente occupa e sferza:
“Arretratezza sessista dura a morire nella vita pubblica italiana”.
Di questo si macchia chi la critica. Elegante e misurata la signora. L’avete mai sentite Nilde Iotti ripondere alle valanghe di fango che le tiravano addosso? Persino la Irene Pivetti, che oggi, riferisce Cadalanu, si schiera con la Boldrini, fu un esempio di contegno. Catwoman lo è diventata dopo.
A agitare il problema è stato però Paolo Bracalini del Giornale di Berlusconi. A celebrare Nelson Mandela
“erano invitati i grandi leader mondiali, ottanta tra capi di Stato e di governo, da Obama a Castro. La Boldrini, pur non rientrando in nessuna delle due categorie, ha tenuto ad esserci, facendosi fotografare emozionata sugli spalti dello stadio riempito di folla: «Tutto il mondo qui per imparare da Madiba» ha twittato la presidente.
“E mezzo mondo, invece, sul Falcon 900, jet di Stato che ha portato da Roma al Sudafrica e ritorno venti persone con codazzo. La Boldrini, con il compagno, il giornalista Vittorio Longhi (collaboratore di Repubblica.it e del quotidiano inglese The Guardian ), ma mica solo lui, anche il portavoce, e poi il responsabile della comunicazione, e poi la consigliera per le relazioni internazionali e quindi la scorta. Un piccolo esercito, meno male che il Falcon è spazioso. Anche perché la Boldrini non era l’unica autorità in volo per il funerale di Madiba, c’era pure Enrico Letta, lui invitato in quanto capo di governo. Neppure Letta si è fatto mancare la compagnia per un evento storico come il Mandela Memorial. Con lui si è imbarcata Gianna Fregonara, la compagna giornalista del Corriere della Sera.
“Oltre alla coppia, anche il portavoce di Letta, poi il fotografo ufficiale di Palazzo Chigi, quindi il consigliere diplomatico del premier, quindi tre funzionari del cerimoniale e naturalmente anche la scorta. Venti persone per un funerale. Ma quello, indimenticabile, di Mandela”.