I giornali sono uniti nel biasimo di Annamaria Cancellieri e nella richiesta di dimissioni per la sue telefonate con i Ligresti. Il confronto con Berlusconi per la sua telefonata in Questura a Milano colpisce. Fa eccezione, tra i principali, il Corriere della Sera, che relega ben dietro i due articoli sulla vicenda.
Il Sole 24 Ore
L’AFFETTO E L’INTERESSE
Annamaria Cancellieri è uno stimato servitore dello Stato che sa bene quanto sia cruciale essere e – come usa nelle formule internazionali dei codici etici – apparire irreprensibili. L’interessamento umanitario e solidale può essere sacrosanto, ma è difendibile fino a quando non diventi abuso o, peggio, interesse (quell’alibi non vi ricorda un’altra telefonata diventata famosa nelle aule del Tribunale di Milano?).
Il ministro è «buona amica da diversi anni» della compagna di Salvatore Ligresti il quale però è stato anche datore di lavoro del figlio del Guardasigilli. Difficile distinguere affetti e affari.
La Procura ha chiarito: intervento ininfluente. Il Guardasigilli ha spiegato: volevo evitare gesti autolesivi, non chiedere scarcerazioni.
L’interessamento umanitario, però, quando le celle sono stracolme di aspiranti suicidi, chiama naturalmente l’auto-da-fè se non è generalizzato e resta selettivo. Va chiarito tutto, fino in fondo; va fugata ogni ombra. E se è stata ingenuità, in quel ruolo, è un’aggravante.
(La sigla a.o. dovrebbe corrispondere a Antonella Olivieri)
Repubblica
LE CONSEGUENZE
Annamaria Cancellieri nega interferenze sul caso Ligresti.
Ma non spiega la contraddizione di un ministro della Giustizia che subito dopo un arresto telefona in famiglia per dare “solidarietà”.
Da quella telefonata nascerà una richiesta d’aiuto dei Ligresti: “faccia qualcosa”. Da qui la segnalazione da parte del ministro al Dap.
E infine l’sms di Antonino Ligresti che chiede conto al ministro: “Novità”? E la pronta risposta: “Ho fatto la segnalazione”.
C’è una sola cosa che la Cancellieri non ha mai detto davanti alle richieste dei Ligresti, la più semplice: sono il Guardasigilli, ho dei doveri di Stato. Questa mancanza e quella premura imbarazzano le istituzioni. Il ministro ne tragga le conseguenze.
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Ma un ministro non può avere amici
(di Michele Brambilla)
Sarà certamente vero, come assicura la Procura di Torino, che se Giulia Maria Ligresti è stata scarcerata, non lo è stata per l’intervento del ministro Cancellieri. Però la storia non è bella.
E soprattutto non è una di quelle storie di cui abbiamo bisogno in questo momento di – come si usa dire – «disaffezione alla politica».
Certamente sarà così, [che non c’è stata alcuna] violazione della legge. Ma la storia è brutta lo stesso. O almeno imbarazzante. Perché?
Annamaria Cancellieri ha fatto il prefetto, poi il commissario a Bologna e a Parma, amministrando (bene) i Comuni in sostituzione di giunte e di sindaci travolte da scandali. Quando, terminato il commissariamento a Bologna, il Pdl le chiese di candidarsi a sindaco, lei rispose di no, per non perdere la sua imparzialità. È stata ministro dell’Interno in un governo tecnico, quello di Monti; e lo è della Giustizia in uno di larghe intese. Sempre senza essere «in quota» a nessuno.[…] l suo nome è a un certo punto circolato perfino per il Quirinale.
Quando è diventata Guardasigilli, ha preso subito a cuore la condizione dei carcerati, e s’è data da fare, per quanto ha potuto, per alleviarne le sofferenze. Se dice che il suo intervento in favore di Giulia Maria Ligresti era motivato dalla preoccupazione per le condizioni di salute, c’è da crederle. Però, c’è un però. Annamaria Cancellieri è appunto amica da decenni di Gabriella Fragni, la compagna di Salvatore Ligresti; e il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso, è stato dirigente della Fonsai. Così quelle telefonate e quell’intervento – per legittimo e ininfluente che possa essere stato – dà agli italiani l’impressione che come al solito ci sono cittadini (in questo caso detenuti) di serie A ed altri di serie B, senza alcuna suocera o zio amici del ministro.
Si dirà che le impressioni non sono fatti. È vero. Ma fino a un certo punto. Mai come in questo periodo la politica ha bisogno che perfino la moglie di Cesare sia al di sopra di ogni sospetto: troppi scandali o scandaletti, favoritismi e raccomandazioni, troppe buone parole e dì che ti mando io hanno indotto gli italiani a pensare che sia tutto uno schifo, anche peggio di quello che è.
Per questo, anche se si è intervenuti in favore pure di altri detenuti, quando chiama un’amica bisognerebbe rispondere «agli altri sì ma a te no, proprio perché sei mia amica». Oggi viene richiesto, a chi è in politica, un supplemento quasi disumano di impeccabilità.
Il Fatto
“Cancellieri pro Ligresti, una telefonata accorcia galera…”
(di Marco Travaglio)
In un paese normale il ministro della Giustizia non parla con i parenti di un’amica arrestata per gravi reati, rassicurandoli con frasi del tipo: “Qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me”. Né tantomeno chiama i vicedirettori del Dipartimento Amministrazione penitenziaria per raccomandare le sorti dell’amica detenuta. Ma, se lo fa e viene scoperto da un’intercettazione telefonica (sulle utenze dei familiari della carcerata), si dimette un minuto dopo. E, se non lo fa, viene dimissionato su due piedi, un istante dopo la notizia, dal suo presidente del Consiglio. Siccome però siamo in Italia, il premier tace, il Quirinale pure. Come se fosse tutto normale.
Libero
(di Maurizio Belpietro)
“La Cancellieri, un altro ministro da buttare“.
Se hanno dato 7 anni a Berlusconi per la telefonata alla Questura di Milano in favore di Ruby Rubacuori, quanto devono dare, si chiede Belpietro, alla Cencellieri e a Vendola per le loro di telefonate? Belpietro suggerisce un ergastolo l’intervento di Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia a favore di Giulia Ligresti e due ergastoli per le pressioni di Nichi Vendola, presidente della Puglia in aiuto della Ilva.
Il Giornale,
titolo a tutta pagina:
“Graziata la ministra”. Cancellieri accusata di aver telefonato ai magistrati per fare scarcerare Giulia Ligresti. Nessuno indaga, giusto così. Però Berlusconi beccò 7 anni per avere chiamato in Questura”.