ROMA – Vittorio Feltri parla su Libero del caso Cancellieri-Ligresti come “teleselezione del reato”.
Scrive:
A nostro parere, non è scorretto che il ministro della Giustizia si interessi delle condizioni di salute di una detenuta, solÂlecitando eventualmente le autorità a considerare se sia il caso di concederle la libertà . Dov’è allora il problema? Sta nel fatto che il figlio della signora Cancellieri è stato un dirigente delle imprese di LigreÂsti, da cui egli avrebbe di recente ricevuto una cospicua liquidazione. Si parla di miÂlioni di euro. Di qui il dubbio che la telefoÂnata del ministro non sia stata gratuita, ma determinata dal desiderio di aiutare gente amica. Ma è appunto soltanto un dubbio.
Che, quand’anche fosse fondaÂto, non configurerebbe un reato tale da coÂstÂringere l’ex prefetto a dimettersi dal ruoÂlo di responsabile del dicastero. Ciò detto e sottolineato, e ribadendo la nostra stima per Anna Maria Cancellieri (alla quale bisogna riconoscere una certa sensibilità nei confronti dei detenuti, visto che si occupa di amnistia e indulto), occorre anÂche dire che, in altre occasioni e per incidenti analoghi, i magistrati si soÂno mobilitati con una severità che nella presente circostanza non si è riscontrata. Il riferimento a Silvio Berlusconi è inevitabile. Costui- coÂme ha segnalato ieri mattina AlesÂsandro Sallusti nel suo editoriale – è stato condannato a sette anni di reÂclusione per concussione, avendo fatto una telefonata alla Questura alÂlo scopo di informare la polizia che di Ruby si sarebbe fatta carico NicoÂle Minetti, consigliere regionale ( Lombardia).
Poi:
Infatti non si può sostenere che con il ministro si sia esagerato in inÂdulgenza, ma è obbligatorio concluÂdere che, viceversa, con il Cavaliere si è esagerato in crudeltà . Tuttavia, assodato che Berlusconi è un simboÂlo che divide, accantoniamolo un atÂtimo e proviamo a imbastire un raÂgionamento che lo escluda. MettiaÂmo che al posto del ministro CancelÂlieri fosse implicato in questa storia Angelino Alfano, il quale tra l’altro è stato un predecessore della signoÂra. Siamo sicuri che lui la passerebÂbe liscia quanto lei? Figuriamoci. L’avrebbero già crocifisso. InterroÂgazioni parlamentari. Richieste di dimissioni. Raccolta di firme per sfiÂduciarlo. I media l’avrebbero trafitÂto con articoli acuminati. Qualsiasi programma televisivo sarebbe adesso impegnato a sputtanarlo.
Conclude:
Semplicemente siamo di fronte a una conferma: in Italia i famosi «due pesi e due misure» sono una pratica consolidata. Talmente conÂsolidata da non scandalizzare più nessuno. Si accetta con rassegnazioÂne, come la pioggia in autunno, che la destra sia sempre da condannare e la sinistra sempre da assolvere.
