Carinzia, il nuovo paradiso per le imprese italiane

Carinzia, il più meridionale dei nove stati dell’Austria

ROMA – In Austria si può aprire un’azienda in meno di un mese: oltre 300 quelle già trasferite. Sono attratte da assenza di burocrazia e tasse al 25%.

Scrive Stefano Zurlo sul Giornale:

Parla perfettamente ita­liano, si è laureato in giurisprudenza a Tera­mo, sua figlia Lisa studia greco e latino a Udine. Ma Christian Ragger gli affari li fa nella sua terra: la Carinzia. È lì, a 160 chi­lometri da Udine, il paradiso delle imprese italiane in fuga da fisco e burocrazia. Parole già sentite infinite volte sui giornali e nei dibattiti televisi­vi, persino logore, e però sem­pre più attuali davanti ai nume­ri di quello che si può definire ormai un esodo. Ragger,potente assessore al­l’Economia della giunta carin­ziana, ha insieme all’Agenzia per lo sviluppo, l’EAK, le chia­vi di una regione che fa di tutto per attrarre gli investimenti dal Veneto, dalla Lombardia e dagli altri distretti di un tessu­to produttivo stremato.

Quello che l’Italia toglie la Carinzia e l’Austria restituisco­no: una tassazione al 25 per cento e 25 giorni per ottenere tutte le autorizzazioni necessa­rie per aprire un capannone.

Numeri fantascientifici per il nostro Paese. E, infatti, le aziende accorrono: 312 inse­diamenti dal 2009 ad oggi; 184 progetti presentati solo nel 2013. È una corsa. Anzi, una rincorsa a quel che di qua delle Alpi è una chimera. «L’anno scorso – spiega Ragger, 40 an­ni, cresciuto alla scuola di Jörg Haider e oggi leader in Carin­zia del Partito della libertà ­hanno aperto a Klagenfurt e dintorni il gruppo Danieli, Re­frion, Bifrangi, che ha investi­to 24 milioni, le Industrie pla­stiche lombarde. In media rice­viamo una quindicina di ri­chieste al mese dall’Italia. Mol­te, sempre di più, dal Veneto e dal Nordest».

Piccole e medie imprese sen­za futuro nel Nord tartassato cercano un passaggio ancora più a Nord. Nel cuore del vec­chio impero asburgico. E tro­vano uno scenario che si fatica a credere indossando occhiali tricolori. «Quando un’impre­sa bussa alla porta dell’EAK a Klagenfurt trova subito tutto quello che le serve. Per capir­ci, dopo 24 ore le autorità con­vocano l’imprenditore e lo fan­no sedere intorno a un tavolo con i tecnici del caso:l’avvoca­to, il commercialista,l’esperto delle normative ambientali, se necessario anche lo speciali­sta che valuta rumori e deci­bel, e naturalmente, un inter­prete ».

Il signor Brambilla non deve peregrinare da un ufficio all’al­tro, non deve perdere ore e ore in coda, non deve portare pile di certificati e firmare scartof­fie su scartoffie. Le procedure sono ridotte al minimo, i con­trolli non prevedono un corpo a corpo sul cavillo, la normati­va è chiara e per quanto possi­bile semplice. Soprattutto, in un ufficio o due al massimo si fa tutto. E un funzionario, uno solo, segue tutta la pratica dal­l’inizio alla fine. Altro che spor­tello unico. Risultato: in meno di un mese si può riaprire il ca­pannone chiuso a Bergamo o Treviso. «Nel passato – spiega Ragger – avevamo tempi un po’ più lunghi, ora siamo scesi a 25 giorni. Favoriamo in tutti i modi chi vuole creare ricchez­za e occupazione nella nostra terra e posso dire che la Carin­zia è la regione più veloce nella pur virtuosa Austria» (…)

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FIlippo Limoncelli