Carlo Federico Grosso sulla Stampa: “In Procura nessuna irregolarità”

Cancellieri (LaPresse)

ROMA – La notizia, pubblicata ieri da La Stampa, secondo cui ambienti del ministero della Giustizia riterrebbero che la Procura della Repubblica di Torino abbia commesso irregolarità nella gestione della vicenda Cancellieri, scrive Carlo Federico Grosso, mi ha lasciato interdetto.

Le irregolarità, secondo quanto riferito nell’articolo, sarebbero consistite in un’asserita violazione della competenza del Tribunale dei ministri.

Trattandosi di eventuale abuso commesso da un ministro, la Procura avrebbe dovuto trasmettere subito gli atti a tale Tribunale; in un’asserita violazione delle regole della difesa, dato che, essendo l’atto di indagine finalizzato a verificare se il ministro avesse commesso un reato, la Procura avrebbe dovuto sentirlo con l’assistenza di un difensore; in un’ulteriore violazione di legge, dato che nessuno può essere obbligato a testimoniare su circostanze che potrebbero implicare una sua responsabilità penale; nella circostanza, infine, che le intercettazioni, per essere utilizzabili, avrebbero dovuto essere autorizzate dal Parlamento.

Nessuno di questi rilievi mi sembra fondato.

Preso atto del contenuto delle intercettazioni, la Procura, come era suo diritto, ha voluto approfondire i fatti con un primo approccio con lo stesso Guardasigilli, non nella veste d’indiziato o d’indiziabile ma di semplice persona informata. Dopo l’audizione, ritenendo che nulla di penalmente rilevante fosse emerso, come era naturale ha chiuso ogni discorso processuale (tanto che, quando la vicenda è esplosa mediaticamente, il Procuratore Caselli ha potuto dichiarare che mai era concretamente emersa un’ipotesi d’iscrizione del Guardasigilli nel registro degli indagati). Quale doverosa, immediata, competenza del Tribunale dei ministri, dunque?

Avendo interrogato il Guardasigilli come persona informata sui fatti, era per altro verso naturale che la Procura procedesse senza la presenza di un difensore, come sempre accade quando una persona è sentita in tale qualità. E’ d’altronde fisiologico che nel corso di una testimonianza possano emergere profili di reità a carico del teste. Quando essi insorgono – ma soltanto in quel momento – l’autorità giudiziaria deve interrompere l’interrogatorio del teste, fargli presente la nuova condizione, invitarlo a nominare un difensore, avvertirlo del suo diritto di non rispondere ulteriormente. Ma il Ministro, nel caso di specie, mai venne a trovarsi in tale situazione.

Quanto, infine, all’inutilizzabilità delle intercettazioni, non mi sembra che vi sia proprio storia. L’autorizzazione preventiva del Parlamento alle intercettazioni è prevista nei confronti dei soli parlamentari. In ogni caso, essa non opera nei confronti delle intercettazioni c.d. passive, cioè operate su utenze di soggetti terzi con i quali il soggetto «immune» è entrato in contatto (…)

Nessuna pregressa irregolarità o violazione di legge, pertanto, da parte della Procura della Repubblica, ma, come ha rilevato in una nota il Procuratore Generale Maddalena, una vicenda «trattata dalla magistratura torinese con il massimo scrupolo ed osservanza di tutta la normativa vigente». Piuttosto, ora l’attenzione si sposta su che cosa potrà accadere da oggi in avanti. E’ noto, infatti, che la Procura della Repubblica di Torino, alla luce degli ulteriori tabulati delle telefonate intercorse fra il Guardasigilli ed esponenti della famiglia Ligresti, sta valutando se la testimonianza resa dal ministro sia stata esaustiva o reticente. Con riferimento a questa nuova vicenda si ripropongono pertanto, sia pure con significative varianti, gli interrogativi dei quali abbiamo testé fatto cenno (…)

 

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FIlippo Limoncelli