ROMA – Nel generale coro di cordoglio per la morte di Nelson Mandela, ci sono anche voci di dissenso, come quella di Carlo Panella su Libero. Panella ha subito, come molti ex militanti dell’estrema sinistra border line, una evoluzione molto spinta.
Il suo articolo, che vuole contrastare la “melassa” sparsa in tutto il mondo in questi giorni, è in parte ingiusto ma costituisce anche un utile complemento del quadro storico. Che Mandela abbia guidato e giustificato la lotta armata contro l’apartheid non è in contraddizione con il ruolo di Mandela di pacificatore fra le razze nel Sud Africa della democrazia.
Ancora durante il periodo di lotta Mandela sostenne che il Sud Africa è sempre stato terra multi razziale e che anche nel suo futuro ci sarebbe stato posto per tutti.
La lotta armata non dovrebbe scandalizzare uno che ha militato in Lotta Continua, alcuni dei cui esponenti giustificarono anche atti di terrorismo negli anni di piombo in Italia. Importante è quel che viene dopo. Così fu in Italia, pur fra sussulti e tormenti, così è stato in Sud Africa.
La grandezza di Mandela leader politico si vede nel confronto con altri Paesi dell’Africa nera nel periodo posto coloniale: espulsione dei bianchi, degli indiani, aggressioni anche mortali a coloni bianchi che continuano ancora oggi, discriminazioni razziali di segno quasi opposto all’appartheid.
Ha scritto Carlo Panella su Libero:
Celebrare Nelson Mandela come campione gandhiano della non-violenza, come fa oggi il coro agiografico dei media, è l’ultimo involontario oltraggio alla sua straordinaria biografia. Madiba invece, visse una militanza ben più complessa, a partire da un dato di fatto inequivocabile: assieme ad altri leader neri sudafricani fu artefice, addirittura il simbolo, della svolta armata e terroristica dell’Anc e quindi della chiusura della ispirazione gandhiana e non-violentadi una Anc che nacque nel 1912 grazie ai semi della militanza del movimento antiapartheid sudafricano iniziato a fine ‘800 dal Mahathma Gandhi e dal suo National Indian Congress.
Queste erano ancora le caratteristiche della Anc quando nel 1960 il suo leader, Albert Lutuli, ricevette il premio Nobel per la Pace. Ma nel 1961 Nelson Mandela, Oliver Tambo e Walter Mkway, che provenivano dall’organizzazione giovanile, decisero che la feroce repressione dei governi del Partito Nazionale afrikaneer doveva essere combattuta non con le armi della non violenza e delle manifestazioni pacifiche –massacrate a suon di pallottole dai bianchi- ma con la lotta armata e fondarono Umkhonto weSizwe, la Lancia della Nazione, ala militare dell’Anc.
Il tutto, con un sensibile spostamento dell’asse politico della Anc verso l’ideo – logia marxista-comunista –di cui la massima esponente fu Ruth First, di origini ebraico-lituane- in raccordo con il Frelimo di Samora Machel (Mandela, in tarda età sposò la sua vedova Josiña, un grande, romantico amore), il movimento anticoloniale mozambicano in orbita sovietica. Imprigionato nel 1963, Madiba fu costretto alla sua prigionia-calvario a Robben Island, durante la quale –come riportano anche i film agiografici- rifiutò sempre di lanciare appelli per la fine degli attentati terroristici che colpirono spesso anche i civili bianchi (quello di Church street del 20 maggio 1983 fece 19 morti e 271 feriti, molti i civili). Peraltro, la scelta dell’opzione terroristica inquinò lo stesso movimento anti apartheid: sanguinosi gli scontri interetnici tra Bantu e Xhosa, mentre Winnie Mandela, seconda moglie di Madiba, è stata processata e poi assolta per una serie di violenze nei confronti di militanti dell’Anc che comunque si sono verificate e che hanno portato a dure condanne di suoi coimputati (…)
Uscito dal carcere e eletto presidente (grazie a sanzioni economiche che ebbero in Ronald Reagan il più strenuo artefice), Madiba riuscì così a obbligare una riottante e inferocita Anc, ad abbandonare le forti tendenze a praticare una sorta di razzismo al contrario e a percorrere invece il cammino della convivenza pacifica con i bianchi. Di questo devono prendere atto anche quegli incauti militanti della Lega che denunciano il Mandela filo terrorista (e lo fu), ma non capiscono la grandezza di un leader che guidò non solo il suo popolo,matutti i popoli del Sudafrica a perdonarsi l’un l’altro per atroci violenze.