Caso Ablyazov, Angelino Alfano, Pd e Matteo Renzi: prime pagine e rassegna stampa

Il Corriere della Sera: “Pd spaccato: ma no alla sfiducia.” Perché alla fine non paghi il paese. Editoriale di Piero Ostellino:

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“Non c’è giorno che il governo non finisca sull’orlo di una crisi. Ma questa volta il rischio è serio. E il costo sarebbe altissimo. Dopo Letta c’è il vuoto. E le elezioni anticipate. Con il Porcellum. Complimenti. Si ricomincia. Abbiamo la capacità, per dirla con re Franceschiello, di «fare ammuina» e poi di metterci da soli nei pasticci. Finora abbiamo avuto anche la fortuna di uscirne senza troppi danni, salvo la caduta di credibilità della classe politica, cui peraltro nessuno più crede, proprio perché «fare ammuina» non è una cosa seria. Colpisce che la causa delle crisi annunciate raramente sia reale, spesso virtuale. Nessuno sottovaluta la gravità del caso Shalabayeva. Per carità: una figuraccia internazionale. Ma democrazie più attente di noi ai diritti umani lo avrebbero evitato, o comunque lo risolverebbero senza mettere a repentaglio la vita del proprio governo nel momento più drammatico di una crisi economica che vede migliaia di imprese chiudere ogni giorno e troppi giovani senza lavoro.
Chi ha sbagliato paghi, ma non si faccia pagare il conto a un intero Paese riprecipitandolo nel gorgo del vuoto istituzionale e della speculazione finanziaria. I punti oscuri della vicenda sono tanti. Le spiegazioni di Alfano lacunose. Il comportamento della burocrazia indicibile. Ma non si è neppure ancora capito se le vicende del signor Ablyazov, sodale prima e poi avversario dell’orrido Nazarbaev, riguardino un episodio di «dissidenza politica», ovvero di «lotta di potere» fra un oligarca, non propriamente candido, e un regime «dispotico» col quale facciamo affari. Non è stata una gran prova di intelligenza e di dignità non accorgersi che dietro l’espulsione frettolosa di una madre e della sua figlia di sei anni c’era la «regia» dell’ambasciatore del Khazakistan in Italia, a quanto pare più influente e ascoltato presso la nostra burocrazia dei componenti del nostro fragile governo. Forse sarebbe il caso di espellere lui, stavolta, o no?”

Quei giochi pericolosi dietro la crisi di un partito. L’analisi di Massimo Franco:

“I parlamentari di Guglielmo Epifani dovranno dire in aula se il loro appoggio a Letta esiste ancora; oppure se i malumori di alcuni settori del Pd e le pressioni della corrente di Matteo Renzi, sempre più risucchiato dalle sue ambizioni personali, saranno scaricate su Palazzo Chigi. La decisione di dodici senatori «renziani» di votare per le dimissioni di Alfano sul caso kazako insieme a Sel e Movimento 5 Stelle significa questo: staccarsi dalla maggioranza anomala guidata da Letta, e metterla seriamente a rischio contando su quegli spezzoni del Pd che vivono con sofferenza l’alleanza col Pdl. Questo non toglie che l’espulsione illegale della moglie e della figlia di sei anni del controverso dissidente kazako abbiano lasciato una macchia non tanto per quanto Alfano sapeva, ma per quello che è successo a sua insaputa.”

Protesta in Aula dei 5 Stelle: soldi finti sui banchi. Scrive Alessandro Trocino:

“Il deputato a 5 Stelle Andrea Colletti incrocia i pugni, evocando gli schiavettoni. Un collega del Pd urla «cretina» a una deputata del Movimento intenta a fare una foto (attività vietata, se non ai fotografi autorizzati). Emanuele Fiano parla di «rivoluzione copernicana», chiede conto del fatturato del blog di Grillo e viene sommerso dalle urla e dalle proteste della truppa a 5 Stelle. Cronache di un pomeriggio parlamentare movimentato. Si discute di finanziamento pubblico ai partiti e si mettono ai voti tre mozioni: quella dei 5 Stelle, votata a sorpresa anche dai leghisti, viene bocciata, così come quella di Sel, che chiedeva una commissione di studio. Passa invece, a larga maggioranza, la mozione di Pd, Pdl e Scelta civica (astenuta la Lega), che ricalca il disegno di legge presentato dal governo. I 5 Stelle escono dall’aula per protesta e vanno in piazza Montecitorio, non prima di avere sventolato decine di banconote da 500 euro (finte) e averle consegnate ai banchi del governo (peraltro sguarniti). Lapidario il tweet di Beppe Grillo: «I partiti si tengono i soldi: 91.354.339 euro».In realtà, il Movimento ha cercato un’ultima mediazione.”

La prima pagina de La Repubblica: “Il Pd in rivolta contro Alfano.”

La Stampa: “Renzi: stanco di questo Pd.” Su Alfano un’inutile sceneggiata. Editoriale di Marcello Sorgi:

“Cominciata da due giorni, e destinata a durare fino a venerdì, la finta battaglia per le dimissioni di Alfano difficilmente si concluderà con la sua uscita dal Viminale. È in corso una grande e maldestra sceneggiata, che non porterà a nulla. Malgrado la posizione del ministro si sia appesantita, ieri – dopo che il suo ex capo di gabinetto Procaccini aveva smentito (salvo poi ripensarci) la ricostruzione dei fatti illustrata in Parlamento, affermando di aver avvertito Alfano della delicatezza del caso Shalabayeva, e di non aver agito a sua insaputa – il Pdl ha rifiutato lo scambio, proposto dal Pd, tra il ritiro della mozione di sfiducia SelM5s e la rimessione delle deleghe da parte dello stesso Alfano, che in quest’ipotesi salomonica avrebbe potuto tuttavia mantenere la vicepresidenza del consiglio.”

“Il ministro ombra.” Il ‘Buongiorno’ di Massimo Gramellini:

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“È possibile che travestire una palestra da prima casa sia colpa infinitamente più grave che consegnare moglie e figlia di un dissidente al satrapo di un Paese fornitore di petrolio. Quindi non le dimissioni della perfida Idem si pretendono dal timido Alfano, ma semmai un’immissione sulla poltrona di ministro dell’Interno, che per sua stessa ammissione è attualmente disabitata. Alfano ha un vero talento nel non abitare le poltrone che occupa. Sarà per questo che gliene offrono in continuazione.”

Intervista di Marco Bardazzi a Matteo Renzi:

“Sono stufo di questo fuoco di sbarramento incomprensibile su ogni cosa che faccio. Se non devo partecipare al congresso lo dicano, ma non strumentalizziamo per vicende del Pd una bimba di sei anni che è stata presa dalle forze speciali.”

Don Salvatore Ligresti, una vita tra mattoni, alta finanza e guai con la giustizia. Articolo di Francesco Manacorda:

“Il sistema Ligresti, che intanto non disdegna di comprare da Ursini – che poi contesterà l’operazione e si vedrà dare ragione da un tribunale – una quota delle assicurazioni Sai, è però meno lineare di quello esposto. Lo si scopre nel 1986, come ha raccontato Gianni Barbacetto, quando si capisce che due terzi delle nuove edificazioni concesse dalla giunta Tognoli riguardano proprio società dei Ligresti. Il costruttore con grandi agganci politici che si allargano dal nucleo originario del Msi targato La Russa fino al Psi milanese.”

Il Fatto Quotidiano: “I Ligresti in carcere. Tronchetti condannato.” Al di sotto di ogni sospetto. Editoriale di Marco Travaglio:

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“Non c’è analisi politica o sentenza giudiziaria che descriva la nostra classe dirigente meglio di un detto napoletano: “Fa il fesso per non andare in guerra”. Si riferisce al-l’usanza di fingersi scemi alla visita di leva per essere riformati. Poi, naturalmente, capitava che qualcuno venisse riformato perché era scemo davvero. Ecco, noi non sappiamo quanti politici o imprenditori o manager o funzionari o alti ufficiali siano scemi e quanti fingano di esserlo. Ma prendiamo atto che molti, moltissimi, fanno di tutto per sembrarlo. E, va detto a loro onore, ci riescono benissimo. L’altra sera Angelino Alfano, nientemeno che segretario del Pdl, vicepremier e ministro dell’Interno, doveva essere davvero orgoglioso della sua performance davanti al Senato e poi alla Camera, quando leggeva solenne e ieratico il rapporto Pansa che gli faceva fare la figura del fesso, tra un “aperte virgolette”, un “chiuse le virgolette” e un “aperte e chiuse le virgolette all’interno del virgolettato”. Manco si rendeva conto di essere la parodia di Alberto Sordi che, nel film Il vedovo, ripassa con i complici il piano per far precipitare la moglie nella tromba dell’ascensore, nella quale alla fine sprofonderà lui (“Volta foglio! Proseguiamo: paragrafo 21, volta pagina! Alt!”).”

Il Giornale: “Renzi dice addio al Pd.” Editoriale di Salvatore Tramontano:

Renzi strappa, rompe e si prepara all’ad­dio. Bye Bye Pd. Il rottamatore rottama e va a cercare fortuna e nuovi lidi elettorali, più ampi, fuori dal partitone. Almeno questa è la sua minaccia, fino al prossimo colpo di te­atro. Il tutto mentre butta una bomba sul governo Letta. Forse siamo a un punto nuovo della politica italia­na. Perché il sindaco di Firenze è arrivato al limite. Di­ce: «Mi vergogno del Pd».Lui che il Pd vuole prender­selo per poi prendersi il Paese. Ieri deve aver capito che mettere le mani sul partito, su quel partito, è una sfida impossibile. E per la prima volta pensa che pos­sa essere arrivato il momento di dire basta. Magari di­rà che lo fa per l’Italia, per il popolo, per la gente, per la società civile, per i deboli, i migranti, per te, per tua nonna,per i giovani,perché è buono,democratico e illuminato.Lofaperqualcunaltro,insomma.Nonfa­tevi ingannare, però. È un calcolo politico e cinico. Renzi,con quell’aria da bravo ragazzo che ha comin­ciato la carriera con La ruota della fortuna , sta lì a sof­frire perché tutti lo vogliono fregare. Si lamenta che gli cambiano le regole,accusa D’Alema di non avere ideali,si strappa le vesti per il destino dell’Italia e poi che fa? Sta tutto il tempo a macchinare per far cadere il governo solo per andare al potere il più presto possi­bile. Nel suo mirino c’è Enrico Letta,che amico non è,mainteoriasarebbeuncompagnodipartito.Ades­so Renzi ha capito che colpendo Alfano può far salta­re tutto, governo e Pd.”

 

 

 

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Gianluca Pace