I cattivi maestri del rigore, Nicola Porro per il Giornale

I cattivi maestri del rigore, Nicola Porro per il Giornale

ROMA – I cattivi maestri, i cattivi maestri del rigore, quelli che non hanno toccato la pubblica amministrazione, i burocrati, quelli ch e”continuano a produrre norme, regolamenti e controlli”. “Negli ultimi due anni – scrive Nicola Porro per il Giornale – le persone normali, quelle che si incon­trano in metro, al ci­nema, che guidano l’auto da so­le, che portano i bambini a scuo­la hanno stretto la cinghia. Le imprese normali, quelle che non hanno un prodotto rivolu­zionario o un marchio ricono­sciuto in tutto il mondo, hanno tagliato dove potevano. Si può dire altrettanto della burocra­zia che ci governa?”

Ecco l’editoriale:

Negli ultimi anni ci siamo concentrati sulla casta. Opera­zione sacrosanta, ma che ri­schia di mancare il bersaglio grosso. I politici hanno enormi responsabilità. Ma spostare il campo delle critiche dal terreno politico a quello degli sprechi, circoscrivendolo ai mille abitan­ti dei palazzetti romani, è ridutti­vo. Negli ultimi due anni (2012 e 2013) i consumi delle famiglie residenti (così si chiamano per la contabilità) sono crollati di 57 miliardi di euro, e alla fine di quest’anno rischiano di scende­re sotto quota 800 miliardi. Nel medesimo intervallo di tempo gli investimenti fissi hanno fatto segnare un saldo negativo di 34 miliardi di euro. Si tratta (sono dati del Def) di più di 90 miliardi spesi in meno da cittadini e im­prenditori. I primi hanno ridot­to il loro tenore di vita, i secondi le aspettative sul loro futuro. Il comparto privato ha tirato la cin­ghia fino all’osso.

È partendo da questi numeri (che è sempre bene considerare in termini assoluti e non percen­tuali per far capire in pieno l’emergenza)che nasce la prete­sa di affamare la bestia statale, e cioè la burocrazia. In ogni fami­glia si è fatto quanto si poteva per rispondere alla crisi. Altret­tanto non è stato fatto nella pub­blica amministrazione. Quan­do si parla della Banca d’Italia si evoca sempre l’eccellenza del suo personale. Non lo mettia­mo in dubbio. Ma il suo costo an­nuo è pari a quello del Senato. Quando sentiamo i loro rappre­sentanti chiedere al governo di ridurre la spesa pubblica, ap­plaudiamo. Tanto più che la ri­chiesta parte dai tempi del go­vernatore Fazio, cioè non da ie­ri. Ma un esamino di coscienza? Quando sentiamo i moniti euro­pei sui nostri conti concordia­mo sulla necessità di tenerli in ordine. Ma quella burocrazia asfissiante che tagli si è impo­sta? L’amministrazione«globa­le » della baracca europea costa la bellezza di 8,5 miliardi di euro ed è in crescita (più 2.5 per cen­to). I tagli fatti in Europa riguar­dano solo la redistribuzione del­le risorse ai Paesi membri.
I privati soffrono e continua­no a produrre reddito. I burocra­ti non pagano e continuano a produrre norme, regolamenti e controlli. Converrebbe ricorda­re ai secondi che i loro (intocca­bili) stipendi e posti di lavoro so­no pagati dai primi.

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Gianluca Pace