Checco Zalone al Fatto Quotidiano: “Temo un flop da 20 milioni di euro”

Checco Zalone (LaPresse)

ROMA – Il 31 ottobre arriva nelle sale italiane Sole a catinelle, il nuovo film di Checco Zalone. Un viaggio “on the road” negli scenari molisani e commedia generazionale tra padre e figlio ai tempi della crisi. Malcom Pagani ha intervistato il comico per il Fatto Quotidiano.

Ecco uno stralcio dell’intervista:

(…) So che arriverà il giorno in cui non mi riconosceranno più e finalmente avrò una buona ragione per stare in ansia. Ma ‘sta storia del successo sarebbe meno angosciante se almeno riuscissi a godermelo. Invece sono un coglione e soffro. Leopardi rispetto a me era un ottimista. Si rende conto che se “Sole a catinelle” fa 20 milioni di euro grideranno al flop? Ma siamo pazzi? Per tutelarmi ho scommesso con il produttore. Io ho detto una cifra, lui ha rilanciato. Vedremo.

Anni fa ragionare così le sarebbe stato impossibile.

Il colpo di culo che mi ha cambiato la vita è stato il provino di Zelig. Cantante neomelodico, cafonissimo, in scena con una tremenda maglietta rosa aderente. Sul palco faccio un numero che a Bari ripetevo spesso e non faceva ridere nessuno: “Un bacione alla casa circondariale di Trani con gli auguri di una presta libertà”.

Reazione?

Un trionfo. Mi gaso e in piena immedesimazione, quando il comico Cremona mi invita a cantare al pianoforte, gli faccio segno di spostarsi: “Vattenne, chista è roba mia”. Gino e Michele mi prendono da parte: “Che fai nei prossimi mesi?”. “Ho la pratica per diventare avvocato”. “Annulla tutto, non prendere impegni per un anno”. Un sogno.

Tutto facile?

A Zelig servivano molti pezzi e io comincio a fare avanti e indietro tra la Puglia e la Lombardia, mantenuto dai miei e senza una lira in tasca, per sostenere i provini. Il 23 luglio del 2004 dopo essere sceso dal Milano-Bari in un giorno di caldo infernale, zanzare e bestemmie, trovo mio padre: “Mò mi hai rotto i coglioni, non c’ho più soldi, sto andando sotto in banca, falla finita”. Imbarazzatissimo, vado dal produttore: “Non posso più venire”. Senza fiatare, mi stacca un assegno da 5.000 euro. Mi sembrò Dio. Chi cazzo li aveva mai visti 5.000 euro? Ne prendevo 50 a serata per fare il piano bar, mi pagavo la benzina e a volte mi toccava vestirmi pure da babbo Natale. (…)

La storia è molto semplice. Il mio personaggio è un vero bastardo. Potevamo facilmente scadere nella retorica e nel moralismo, disegnare come da copione i poveri buoni e i ricchi cattivi. Abbiamo preferito mostrare un disgraziato che si mostra più stronzo dei ricchi, ambisce solo ad assomigliargli e alla fine, diventa peggio di loro.

Ci ha lavorato per due anni-dicono-con un perfezionismo maniacale.

Non è vero, se fossi un perfezionista farei cose perfette. E non accade. La verità è che invidio Crozza. La capacità di creare personaggi settimanalmente. Per le mie cagate, per scrivere tre minuti di canzone, impiego mesi. Non è che mi venga spontaneo. Quando annuso la preda devo studiarla. Quando l’ho studiata, devo combattere con i dubbi. Quando imitai Saviano, limai ogni singola parola. Lui mi scrisse, apparentemente divertito. Non sono sicuro fosse sincero. Però la mail l’ha mandata.

Nel solco del “Ve lo meritate Alberto Sordi”, qualcuno sostiene che ci meritiamo Checco Zalone.

Se esiste un punto di contatto tra me e Sordi, sta nel non puntare il dito, dare lezioncine o salire in cattedra. Nel provare a far affezionare il pubblico. Ai suoi personaggi riesci a voler bene anche nel cinismo e nella bassezza. Li scopri umani. Deboli. Volgari. Esattamente come te. Vorrei riuscire a fare lo stesso. Detto questo, di fronte a Sordi mi sento una caccola.

Lei l’attore non voleva neanche farlo.

Anni prima che con la sua voce che trasudava opulenza al solo suono mi contattasse il mio produttore: “Sono Valsecchi” e io e Nunziante, come Totò e Peppino, lo raggiungessimo in montagna vestiti come a Bari in agosto, l’idea di fare il comico mi venne in chiesa. L’ispirazione iniziale me la diede il parroco di Capurso, Don Franco. Dedicò un’omelia all’allenatore di calcio del paese. Spiegò che lo spirito conta più del corpo e gesticolando, un po’ ridendo e un po’ piangendo, si fece prendere la mano:“Equestosimuovevaeadessononsimuovepiù.Equesto correva e adesso non corre più. Lui c’era e ci illuminava e adesso niente, niente, niente solo silenzio”. Dai personaggi di Capurso, l’appendice di Bari in cui vivo, ho preso e rubo ancora spunti.

E a Capurso vive ancora.

Roma mi fa un po’ mi fa paura. Ci sono il Fatto quotidiano e Dagospia. A Capurso non sanno neanche cosa siano. Il massimo della locale evoluzione che pure è un’evoluzione non da poco, è Youporn. Comunque piano piano mi sto emancipando. Ho comprato una casa a Bari, la ristrutturazione va avanti da due anni e prima o poi ci andrò.

Rimanere in Puglia è una scelta di vita?

Non so sia inerzia oppure solo ozio. Di solito la vita ha ragioni molto più semplici. La mia compagna, Mariangela, viene da lì. Abbiamo una figlia di 8 mesi, Gaia e mia suocera che la accudisce. Quindi tutta questa poesia che dice lei, un po’ viene meno. Poi i baresi si considerano i migliori del mondo, non ti filano per partito preso e a Capurso ho già finito il giro delle fotografie. Ho pazientemente posato per chiunque e adesso sono un emarginato. Posso ancora cucinare le salsicce e sudare in mezzo al fumo senza che mi rompano i coglioni. (…)

Le pesa la scissione tra Luca Medici e Checco Zalone?

È uno scudo bellissimo, la gente mi ferma per strada, mi chiede di fare Checco e io faccio Checco. Il problema è quando vorrebbe prevalere Luca e devi continuare per forza a interpretare Checco. Luca è più timido, ha i cazzi suoi, le sue ansie e quando incontra un maleducato vorrebbe riservargli un liberatorio vaffanculo.

Ne incontra tanti?

Il pubblico è affettuoso, ma ci sono quelli che superano il limite e ti passano la figlia via telefono, quelli che ti abbracciano e ti chiedono come ossessi: “la foto, la foto, la foto”. Allora ho capito che mi conviene fare Checco anche in quei casi. Li mandi ‘affanculo esattamente come farebbe lui e loro ridono. Sono contenti. Si sentono soddisfatti. (…)

Lei è laureato in Giurisprudenza.

A Bari. L’unica città al mondo in cui ci sono più avvocati che cittadini e dove ho scoperto il genere femminile iscrivendomi al Cepu. Corso accelerato di figa, per recuperare tutto quel che per 10 anni avevo solo immaginato. Altra medaglia di zia Lina che negli ultimi anni, accudì anche il nonno capostazione, Pasquale. Lo sfacciato, a 75 anni, si era comprato un’enorme Opel Omega. Andava in giro a trombare e tornava a casa felice. Gli dicevo: “Nonno, guarda che un’auto così alla tua età non la puoi portare più”. Il giorno dopo non gli prende un ictus? (…)

Diceva del suo particolare Cepu. Poche ragazze al liceo?

Nel mezzo di un autogrill, in gita scolastica, per far colpo su Bianca Guaccero che era stupenda, non conoscevo e non ho mai più incontrato in vita mia, scendo dal pulmann, uso una scopa come microfono e mi lancio nell’imitazione di Walter Nudo in “Colpo di fulmine”. Lei faceva la timida. Non me la diede allora e inutile dire, non me l’avrebbe data mai più. (…)

Ha cenato con Grillo, parodiato De Andrè per raccontare l’incontro tra Berlusconi e D’Addario, imitato Vendola.

Sapevo fare bene anche Fitto. Un burocrate appassionato di decreti leggi, commi e postille. Quando sbagliava una data, gli arrivava una sberla della madre e lui piagnucolava: “Scusa mamma, scusa”. Per me la politica è solo un pretesto. Siamo operai della presa per il culo e se devo smontare il mito, colpisco chi va per la maggiore. Sparare sulla Croce Rossa non ha senso.

Quindi chi punta?

Renzi e non Berlusconi. Non mi interessa più e dovrebbe risultare indifferente a qualsiasi comico. Gli piacciono le donne, gli piacciono molto. L’abbiamo capito. (…)

Il suo rapporto con la critica?

Se adesso vado in tv e dico mezza parola c’è il commentatore di turno, il Bernardini della situazione che parte con la fenomenologia di Zalone. È un dazio che devo pagare. Il mio primo detrattore del vostro giornale, Andrea Scanzi, mi ha fatto male. Ma non lo condanno. Chiaro che se gli viene un attacco di peritonite acuta e resta a letto per un mese, non posso che essere contento.

Dove si vede domani Checco Zalone?

Lontano dal Mulino Bianco, perché il politicamente corretto mi annoia e non riesco a rimanere distante dalla comicità. Spero che la vena non si esaurisca, ma ammetto, il problema me lo pongo. Diventerò mai un attore al servizio di un regista drammatico che magari sogna di cambiarmi? Me l’ha chiesto Virzì, è stato gentile, ma ho detto no. Se ci penso mi sento male. Se ci rifletto sul serio, cambio mestiere domani.

Published by
FIlippo Limoncelli