ROMA – Per il grande escluso dai “Donatello”, Checco Zalone, solo una statuetta consolatoria. Ma lui rifiuta. E il produttore rincara: “È il cinema della cricca”.
Scrive il Giornale:
Il record di candidature vede quasi un testa a testa tra le 19 nomination per Il capitale umano di Paolo Virzì e le 18 del premio Oscar La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Sono questi i due film che, la sera di martedì 10 giugno, porteranno a casa più David di Donatello, i premi giunti alla 58a edizione e presieduti come sempre dal decano dei critici italiani Gian Luigi Rondi. Anna Foglietta e Paolo Ruffini condurranno la cerimonia di premiazione che, giurano, sarà «viva e gaia e non si prenderà troppo sul serio» in programma in diretta su Rai Movie a partire dalle 19 e in differita su Raiuno in seconda serata.
Per ora le uniche certezze sono il premio al miglior documentario, con il David votato da una giuria speciale, a Stop The Pounding Heart – Trilogia del Texas, atto III di Roberto Minervini e quello al miglior cortometraggio, 37 ˚ 4 di Adriano
Valerio. Ma se, naturalmente, cambiano ogni anno i film da premiare, un certo copione rimane invece sempre lo stesso. Ne sa qualcosa Checco Zalone che oggi, come nel 2011, con i 53 milioni di euro di incasso di Sole a catinelle di Gennaro Nunziante ha salvato il botteghino del cinema italiano ma non ha trovato corrispondenza di amorosi sensi tra i 1800 giurati dell’Accademia del cinema italiano. Tre anni fa con Che bella giornata aveva almeno ottenuto una candidatura per la migliore canzone ( L’amore non ha religione ) mentre invece stavolta è arrivata solo la nomination di consolazione al David Giovani. Così, sicuramente per giocare d’anticipo sulle sicure polemiche, l’Accademia ha pensato bene di assegnare un David speciale a Checco Zalone per i suoi meriti sul campo, al botteghino, insomma «per aver portato al cinema persone che non ci mettono mai piede» come avrebbe recitato la motivazione un po’ comica. Ma, come racconta al Giornale Pietro Valsecchi, il produttore storico di Checco (al secolo Luca Medici), l’invito è stato rispedito al mittente: «Zalone l’ha rifiutato e io con lui. Ma ringrazio sinceramente per la proposta arrivata da un suo fan, Angelo Barbagallo ». Ossia il presidente dei produttori cinematografici dell’Anica, ente promotore dei David. Perché, continua Valsecchi, «la cosa giusta è conquistare un premio sul campo. Ma io ci ho fatto il callo con questi riconoscimenti, esiste il cinema di qualità e di incasso che riapre le sale cinematografiche e poi c’è il cinema dei David, degli amici, della cricca». Valsecchi ha il dente avvelenato e non si placa neanche al ricordo della volta che nel ’95 vinse il David come miglior produttore per Un eroe borghese di Michele Placido:«La statuetta l’ho messa in cantina».In effetti sembra cosa buona e giusta voler entrare dalla porta principale dei David che quest’anno sorprendono perché, a seguire Virzì e Sorrentino, con 12 nomination c’è un’opera prima, addirittura una commedia,ossia il vero caso dell’anno Smetto quando voglio di Sydney Sibilia con il fenomenale interprete Edoardo Leo, protagonista contemporaneamente di quattro film ( Tutta colpa di Freud , La mossa del pinguino , Ti ricordi di me? ), candidato come migliore attore accanto alle altre categorie cosiddette pesanti: miglior film, miglior regista esordiente, sceneggiatura, produttore (Domenico Procacci e Matteo Rovere), attore non protagonista (ben tre: Valerio Aprea, Libero De Rienzo, Stefano Fresi), la canzone omonima di Scarda.