Claudio Giardiello: “Volevo uccidermi in tribunale” – AUDIO degli spari

Claudio Giardiello: “Volevo uccidermi in tribunale, poi mi è scattato qualcosa”

MILANO – Claudio Giardiello voleva uccidersi quel 9 aprile, non era uscito di casa per fare una strage. Voleva suicidarsi in casa, poi ha pensato di ammazzarsi davanti a tutti in tribunale, a Milano, dove quel giorno era in programma l’ennesima udienza del processo a suo carico. Poi però, uno scatto di rabbia, qualcosa in quell’udienza che lo ha fatto sentire ulteriormente umiliato e vittima. E la rabbia, anziché rivolgerla contro di sé, l’ha rivolta contro gli altri uccidendo in tutto tre persone. Il racconto di quella mattina lo ha fatto al pm di Brescia e Giuseppe Guastella lo sintetizza per il Corriere della Sera.

«Ero stanco. Dieci anni in cui avevo subito molto e non ce la facevo ad andare avanti, allora, ho preso la pistola che tenevo in cucina sotto al forno. Ho provato a togliermi al vita, ma non ho avuto il coraggio di farlo». Giardiello spiega di aver pensato di suicidarsi in albergo, poi «ho avvolto la pistola e caricatori in un panno – dice – e li ho messi nella borsa 24 ore, quella che avevo con me quando sono andato in tribunale». L’idea era quella di suicidarsi in aula. Sostiene di non aver preso nessuna precauzione perché non fosse trovata la pistola. «Io sono passato regolarmente dal metal detector, mentre, la borsa nella quale custodivo la pistola l’ho fatta passare sotto il FEP, lo strumento preposto al controllo degli effetti personali. Ho pensato che se avessero individuato l’arma avrei detto che avrei voluto suicidarmi in aula».

La molla sarebbe scattata quando il suo avvocato si è tolto la toga innervosito dalle continue intemperanze di Giardiello. «Allora ho pensato che era il momento giusto per farla finita per finire una vita di dolore e di sofferenza; una vita di soprusi; di avidità; di persone malvage; allora ho preso dalla borsa una pistola ma non so cosa mi è scattato in testa», aggiunge, «e io sono impazzito».

Giardiello, tra le lacrime, racconta ancora: «Davanti a me c’erano i due soci Limongelli ed Erba (Davide Limongelli, suo nipote, è rimasto ferito, ndr) Ho sparato verso di loro, mi sembra prima verso Erba». Di nuovo, a questo punto, Giardiello dice di aver pensato di uccidersi: «Ho pensato che dovevo spararmi ma poi davanti c’erano Erba e Limongelli. Non ho avuto il coraggio di spararmi e ho iniziato a sparare a loro». Afferma di essersi spostato verso Claris Appiani che stava testimoniando: «So di aver sparato anche a Claris Appiani ma non riesco a ricordare nulla. Mi ricordo il suo viso». Poi, dice di essere uscito dall’Aula, di aver visto all’esterno Verna (rimasto ferito): «Non volevo ucciderlo, per cui gli ho sparto volutamente alle gambe. Lui è un bravo ragazzo». L’uomo dice di essere corso al piano di sotto, il secondo, dove casualmente avrebbe raggiunto l’ufficio del giudice Ciampi che si era occupato di alcuni procedimenti fallimentari. Lo ha riconosciuto. «Non so cosa mi ha preso e la mia testa mi ha detto che dovevo sparare. E così ho fatto». Giardiello sostiene che nella stanza c’era solo il giudice, le indagini sostengono che c’era anche la sua cancelliera. «Ho sparato dal corridoio senza entrare nell stanza. Ciampi era in piedi dall’altra parte della stanza. Giardiello ha rifatto la stressa strada che aveva percorso in entrata uscendo dal varco di via San Barnaba, con la pistola riposta nella tasca. Fuggito in scooter dichiara di aver per l’ennesima volta pensato di suicidarsi dopo aver fumato una sigaretta. Infine, l’arresto a Vimercate da parte dei carabinieri.

 

 

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Elisa D'Alto